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Si può licenziare un dipendente troppo volgare?

La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sul licenziare un dipendente poichè troppo volgare al di fuori dell’orario di lavoro.

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È legittimo licenziare un proprio dipendente che si contraddistingue per un linguaggio troppo volgare ed eccessivamente “condito” di parolacce? La recente sentenza n.3380/2017 della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, afferma di si, sancendo che è legittimo il principio secondo cui può essere licenziato un dipendente che sul posto di lavoro utilizza un linguaggio scurrile e caratterizzato dal frequente uso di parolacce.

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image by baranq

Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ha avuto modo di occuparsi del licenziamento di una commessa che era stata allontanata dall’azienda dal proprio datore di lavoro per avere utilizzato un linguaggio troppo volgare mentre si trovava in pausa pranzo insieme ad altre colleghe di lavoro. Nonostante la commessa fosse stata più volte richiamata dal datore di lavoro, pare che questa abbia continuato ad utilizzare un linguaggio arricchito di parolacce. Di qui, il licenziamento per giusta causa.

A sua volta, la commessa aveva avanzato una domanda riconvenzionale che aveva come obiettivo quello di ottenere la condanna del datore di lavoro a corrispondere la retribuzione omessa e a risarcire il danno esistenziale derivante dalla condotta riconducibile a un contesto di mobbing”. Nella sua tesi difensiva la commessa affermava altresì che il datore di lavoro non poteva pretendere che i dipendenti nei momenti di pausa non potessero utilizzare un linguaggio adoperato normalmente da persone della stessa estrazione sociale, della stessa cultura e accomunate dalla familiarità che può subentrare in un contesto lavorativo.

Dinanzi a tale ricorso, la Corte di Cassazione dichiarava l’inammissibilità, confermando pertanto le conclusioni cui era giunta la Corte di Appello, che a sua volta aveva confermato la sentenza del giudice di primo grado in accoglimento della domanda del datore di lavoro finalizzata a ottenere la declaratoria di legittimità del licenziamento per giusta causa intimato alla dipendente, e la restituzione di quanto corrisposto alla stessa dalla società in forza dell’ordinanza cautelare.

Nelle sue motivazioni, la Corte ha ritenuto dunque che possa sussistere la giusta causa di licenziamento della lavoratrice. Peraltro, la stessa Corte di Cassazione ha più volte ritenuto che debba rispondere del reato di ingiuria previsto dall’art. 594 Cod. Pen. quel datore di lavoro che utilizza espressioni volgari nei confronti del dipendente.

In altre parole, per i giudici della Suprema Corte è pur vero che il datore di lavoro può conservare un potere di critica nei confronti di colpevoli comportamenti del lavoratore, ma tale critica non deve mai sconfinare nell’insulto. Ne consegue, insomma, che se è pur vero che il comportamento del dipendente può essere censurato dal datore di lavoro se ritiene che il lavoratore abbia commesso degli errori nell’espletamento dei propri compiti di ufficio, è pur vero che ciò dovrà avvenire con l’utilizzo di espressioni volte a chiarire l’eventuale trasgressione realizzata ma mai con l’uso di espressioni volgari.

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