Secondo quanto rammentato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 22291/2017, sugli accantonamenti del trattamento di fine rapporto pesa anche la c.d. indennità di disagio, erogata per la maggiore gravosità della prestazione del lavoro straordinario. Vediamo dunque quali sono state le considerazioni formulate dalla Suprema Corte, e che cosa dobbiamo ora attenderci per il prossimo futuro, grazie a una pronuncia che potrebbe consolidare una visione più conveniente per il lavoratore.
Il caso
Sul caso in esame si era prima espressa la Corte milanese, che ha avuto modo di occuparsi di una vicenda riguardante un lavoratore di un’azienda di logistica che era ricorso in giudizio verso la società datrice, al fine di vedere accertato il diritto a includere nell’accantonamento TFR dell’anno, non solamente le indennità già oggetto di riconoscimento, quanto altresì la c.d. “indennità di disagio”, che è quella che il datore eroga per poter compensare il disagio che deriva al dipendente dall’aver svolto lavoro straordinario..
La Corte milanese accolse le lamentele del lavoratore e, di conseguenza, la società scelse di ricorrere per Cassazione segnalando la violazione dell’art. 2112 c.c. che regola il trasferimento d’azienda, in luogo dell’evidenza che la stessa aveva avuto un subentro nella relazione occupazionale con il lavoratore, non in seguito a una cessione aziendale, ma di un processo di natura amministrativa.
In aggiunta a quanto sopra, la società ebbe modo di lamentare come la Corte avesse erroneamente valutato necessaria l’incidenza del calcolo del trattamento di fine rapporto dell’indennità di disagio, considerandola, “retribuzione”, e per questo motivo rendendola un importo di denaro corrisposto i nrelazione al rapporto non occasionale, e in grado di ricondursi tra quelle voci che sono oggetto di contemplazione in relazione all’art. 2120 c.c..
Le decisioni della Corte di Cassazione
Anche la Corte di Cassazione è sembrata tuttavia fornire ragioni in favore del lavoratore, affermando che il ricorso della società non sarebbe fondato.
In particolare, per quanto concerne l’applicabilità al caso in esame dell’art. 2112 c.c. sul trasferimento di azienda, la Corte ha giustamente interpretando in modo estensivo la legge, ritenendola così applicabile anche ai trasferimenti di azienda a seguito di atto autoritativo della pubblica amministrazione.
Per quanto poi concerne l’indennità di disagio, la Corte di Cassazione ha rammentato come l’art. 2120 del Codice Civile sul “funzionamento” del TFR ha stimato che l’accantontamento a trattamento di fine rapporto possa includere ogni importo, comprendendo in esso anche l’equivalenza delle prestazioni in natura, che sono corrisposte in relazione al lavoro svolto in maniera non occasionale, con mancata inclusione di ciò che viene elargito in ragione del rimborso delle spese, e non stimando così – come invece era stato valutato dall’azienda datore di lavoro – che sul trattamento fine rapporto possano incidere solamente quei compensi forniti in maniera continuativa, corrispettivi a prestazioni effettivamente fornite.
Alla luce dell’interpretazione del tenore letterale della norma, pertanto, la Corte ha ritenuto che l’indennità di disagio di cui si è detto dovesse avere incidenza sull’accantonamento a trattamento fine rapporto, considerato che questo importo di remunerazione è concesso a titolo di corresponsione per la più elevata gravosità della prestazione di lavoro straordinario, riconosciuta a chi presta l’opera in relazione al rapporto di occupazione e – dunque – non rientrando in alcuno de icasi di esclusione degli accantonamenti, come valutato dall’art. 2120 c.c. o dal CCNL.
Traendo le valutazioni finali sul caso, pertanto, evidenziamo come per la Cassazione, la c.d. indennità di disagio, che viene erogata per la maggiore gravosità della prestazione del lavoro straordinario, può incidere correttamente sugli accantonamenti del trattamento di fine rapporto del lavoro subordinato.
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