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Welfare aziendale: qual è la situazione in Italia?

Più un’azienda è grande e più cerca di accrescere il benessere dei suoi dipendenti. Ma attenzione: non è solo filantropia

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Le ultime due misure promosse in casa Luxottica hanno riacceso i fari sul cosiddetto “welfare aziendale“. Ovvero sull’insieme di misure, agevolazioni, bonus e indennità che le aziende possono mettere a disposizione dei loro dipendenti, per rendere le loro vite un po’ meno complicate. Ne abbiamo parlato ampiamente, soffermandoci sui tanti benefit offerti dai colossi internazionali e sulle figure professionali che godono delle agevolazioni più invidiabili, in un altro articolo. Ma qual è la situazione in Italia? Come vanno le cose nelle piccole e medie aziende che costituiscono l’ossatura del nostro sistema economico e produttivo? Scopriamolo insieme, col conforto di alcuni studi che documentano un crescente interesse, da parte dei vertici aziendali, al benessere dei loro lavoratori.

welfare aziendale

L’idea che il management di Luxottica ha recentemente partorito si è concretizzata nella messa a punto di un bonus-vita, concepito per andare incontro ai bisogni delle famiglie dei dipendenti che dovessero – più o meno improvvisamente – venire a mancare. In pratica, in caso di morte di un dipendente Luxottica (anche al di fuori del posto di lavoro), i legittimi eredi potranno fruire di un buono di 30 mila euro erogato dall’azienda. O di 70 mila euro, nel caso in cui, all’interno della famiglia, ci sia un figlio minore, uno studente che non abbia ancora compiuto 30 anni o un disabile. O nel caso in cui, ancora, il caro estinto abbia lasciato alla famiglia un mutuo da pagare sulla prima casa. “Il welfare si amplia in accordo con la nuova visione imprenditoriale – ha spiegato il presidente di Luxottica, Leonardo Del Vecchio – pensiamo a strategie di lungo periodo, alla qualità della nostra crescita e alla sua sostenibilità. La serenità delle nostre persone e delle loro famiglie rappresenta un elemento chiave per il nostro successo”.

Ma non finisce qui: alla Luxottica hanno pensato, infatti, di puntare anche su un “patto generazionale”. Che contempla la possibilità, per 100 dipendenti prossimi alla pensione, di lavorare part-time per gli ultimi 3 anni, senza che questo abbia ripercussioni sul loro trattamento pensionistico. In pratica, grazie a una convenzione siglata con l’Inps, Luxottica verserà direttamente i contributi volontari per gli aderenti all’iniziativa, garantendo a ciascuno di loro il 100% del diritto alla pensione piena. Si tratta di un’iniziativa indiscutibilmente lodevole, che restituisce un po’ di tempo a quelle risorse che hanno già dato tanto all’azienda, ma dove sta il vantaggio per le nuove generazioni? E’ presto detto: per ogni dipendente senior che accetterà di aderire al “patto generazionale”, l’azienda s’impegnerà ad assumere un giovane a tempo indeterminato. “Con il Patto generazionale – ha spiegato il direttore delle Risorse Umane, Piergiorgio Angeli – abbiamo intuito, in anticipo sui tempi, la necessità di promuovere uno scambio costruttivo fra generazioni, a vantaggio non solo dei dipendenti e dell’azienda, ma dell’intera comunità. Ai giovani, offriamo reali opportunità di occupazione e crescita professionale; ai meno giovani, la possibilità di condividere con i nuovi assunti le competenze uniche acquisite negli anni, riducendo il carico di impegni, a vantaggio della vita privata e mantenendo il legame con la comunità Luxottica”.

Fin qui il caso specifico della Luxottica, ma qual è la situazione generale? Quanta attenzione destinano, al welfare aziendale, le imprese italiane? La OD&M Conulting redige annualmente un rapporto a riguardo. I dati dell’edizione 2015 (quelli del 2016 non sono ancora disponibili gratuitamente) confermano che più un’azienda è grande più riesce ad offrire benefit e agevolazioni ai suoi dipendenti. Il 69,2% delle grandi imprese intervistate ha, infatti, dichiarato di avere un piano di welfare aziendale; mentre tra le medie imprese, la percentuale scende al 60% e precipita al 21%, tra le piccole. Non solo: l’82% delle aziende interpellate l’anno scorso ha dichiarato di considerare strategica la scelta di scommettere sul welfare aziendale. Il 58% ha precisato di averlo fatto per aumentare la motivazione delle risorse e per accrescerne la produttività, mentre il 49% ha parlato di mero desiderio di prendersi cura dei propri dipendenti. In che modo? Ci sono varie soluzioni: c’è chi offre assistenza in ambito sanitario e chi si interessa di asili nido e di misure a sostegno della famiglia. Chi prevede rimborsi per le spese scolastiche e chi convenzioni commerciali o sconti di vario genere. E c’è anche chi contempla la possibilità di concedere particolari agevolazioni fiscali ai propri dipendenti. Di più: stando a quanto documentato dal Rapporto Welfare 2015,  le aziende più soddisfatte sono quelle che riescono a individuare i bisogni specifici dei loro lavoratori e propongono soluzioni di welfare aziendale ad hoc.

Ad approfondire l’analisi sulle piccole e medie imprese italiane è stata, invece, la Generali che, in collaborazione con Confagricoltura e Confindustria, ha realizzato, negli scorsi mesi, un Rapporto sul welfare nelle pmi. Quello che è immediatamente emerso è che – come più volte evidenziato – la possibilità di aiutare i propri dipendenti è strettamente legata alle disponibilità economiche. E che, di conseguenza, le imprese più piccole sono quelle che riescono ad offrire di meno, in termini di welfare aziendale. Ciò nonostante, lo studio ha messo in evidenza il crescente interesse, anche da parte delle realtà produttive più piccole, di promuovere piani aziendali orientati ad accrescere il benessere del loro capitale umano. “Con il welfare aziendale, vincono tutti – ha commentato l’amministratore delegato di Generali Italia, Philippe Donnet – Vincono i dipendenti, che vedono aumentare il proprio reddito reale. Vincono gli imprenditori, che ottengono un ritorno per l’azienda in termini di produttività, di capacità di attrarre talenti e di benefici fiscali. Vincono le amministrazioni locali, che integrando welfare pubblico e privato, vedono aumentare il benessere sociale. Ma vince anche l’Italia: le pmi sono il vero motore dell’economia italiana e, se vanno meglio loro – ha spiegato Donnet – va meglio il Paese”.

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