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Assunzioni donne: il punto sulle agevolazioni post-Fornero

L’art. 4 della legge 92/2012 impatta sul regime di assunzioni agevolate delle donne prevedendo una serie di benefit di natura contributiva (e non solo) sui quali abbiamo il piacere di soffermarci al fine di rispondere a una lunga serie di interrogativi giunti in redazione nelle ultime settimane. Iniziamo con il ricordare come la riforma Fornero …

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L’art. 4 della legge 92/2012 impatta sul regime di assunzioni agevolate delle donne prevedendo una serie di benefit di natura contributiva (e non solo) sui quali abbiamo il piacere di soffermarci al fine di rispondere a una lunga serie di interrogativi giunti in redazione nelle ultime settimane.

Iniziamo con il ricordare come la riforma Fornero preveda che possano ottenere le agevolazioni già previste per le assunzioni di over 50 anche tutte quelle aziende che optino per l’assunzione di donne di qualsiasi età, purchè prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali europee e in quelle aree che sono state individuate dal Ministro del lavoro in accordo con quello dell’Economia.

Per tutte le aree non individuate attraverso le intuizioni di cui sopra, le agevolazioni sono estese comunque a donne di qualsiasi età, purchè prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. L’agevolazione fondamentale prevista dalla legge Fornero è relativa alla possibilità – in capo al datore di lavoro – di ottenere una riduzione del 50% della quota contributiva a proprio carico, per un massimo di 12 mesi: qualora l’assunzione venga poi trasformata a tempo indeterminato, la riduzione contributiva viene prolungata per altre 6 mesi (se invece l’assunzione è a tempo indeterminato fin dall’inizio della relazione lavorativa, lo sgravio vale per 18 mesi dalla data dell’inizio del rapporto).

Si noti altresì come la tipologia contrattuale di riferimento prevista dalla legge Fornero comprende sia le forme a tempo determinato che quelle a tempo indeterminato, a tempo pieno o parziale. In questo caso vi è dunque una radicale differenza rispetto a quanto era previsto dal “vecchio” d.lgs 276/2003, che invece prevedeva il contratto di reinserimento per le donne.

Infine, si noti come il legislatore abbia volutamente utilizzato la locuzione di impiego non regolarmente retribuito da almeno sei mesi (o ventiquattro mesi, a seconda dei casi): il riferimento ci sembra essere piuttosto chiaramente indirizzato anche alle donne che non sono disoccupate, ma lavorano in maniera irregolare, saltuaria, sotto pagata, o pagata in nero.

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