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Come mantenere alta la soglia d’attenzione lavoro: i consigli degli esperti

Un’efficace pianificazione può risolvere anche le situazioni più complicate. Vediamo insieme come conviene muoversi, quando gli imprevisti rischiano di mandare in fumo i nostri progetti

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Diciamoci la verità: mantenere la soglia dell’attenzione alta non è facile. Lo abbiamo scoperto a scuola, quando gli insegnanti parlavano e facevamo fatica a trattenere gli sbadigli, e continuiamo a sperimentarlo al lavoro, quando ci assegnano compiti che non ci entusiasmano affatto. O quando imprevisti e interruzioni minacciano di mandare all’aria i nostri piani e ci costringono a “deragliare” allontanandoci dal raggiungimento dell’obiettivo finale. Per evitare che la frustrazione e il senso di inconcludenza prendano il sopravvento, avvelenando le nostre giornate dentro e fuori l’ufficio, meglio correre ai ripari ed impegnarsi al massimo per aumentare il coinvolgimento al lavoro. Come si fa? Scopriamolo con l’aiuto di alcuni esperti.

Come mantenere alta la soglia d’attenzione

L’Harvard Business Review ha interpellato dei ricercatori universitari per studiare a fondo l’argomento, partendo da un dato che è quanto mai sintomatico del problema. Secondo un sondaggio condotto qualche anno fa in America, infatti, solo il 13% dei lavoratori di tutto il mondo si sente coinvolto. Il che equivale a dire che la maggior parte di essi svolge le sue mansioni meccanicamente e svogliatamente, senza trarne soddisfazioni o gratificazioni robuste. Da qui l’esigenza di correre ai ripari e di impegnarsi per potenziare il coinvolgimento e la consequenziale produttività al lavoro, partendo dalle indicazioni che gli esperti delle università americane hanno messo nero su bianco in una recente ricerca.

I consigli degli esperti

Sgombriamo il campo da fraintendimenti: ricorrere ad una delle due pianificazioni (o ad entrambe) non è obbligatorio, ma chi vuole potenziare il suo coinvolgimento al lavoro farebbe bene a non ignorare del tutto questi semplici consigli.

  • Prima di iniziare la giornata di lavoro, prendiamoci qualche minuto per pianificare quello che dobbiamo fare. Possiamo farlo appena arrivati in ufficio o la sera precedente.
  • Cerchiamo di capire che tipo di giornata ci aspetta. Basandoci sull’esperienza passata, tentiamo di comprendere quante interruzioni potrebbero verosimilmente rallentare il nostro ritmo di lavoro e sforziamoci di individuare le eventuali contromisure.
  • Se si profila una giornata tranquilla (o almeno questo è quello che pensiamo), ricorriamo al “time management planning”. Mettiamo giù una lista delle cose da fare e indichiamo i compiti a cui dare la priorità distribuendo, in maniera ragionata, il tempo e l’energia di cui disponiamo. Dedichiamoci agli incarichi più dispendiosi, quando ci sentiamo in piena forma e pianifichiamo di svolgere mansioni più routinarie e noiose, quando le forze iniziano ad abbandonarci.
  • Se all’orizzonte si profila invece una giornata complicata, ricca di intoppi e di contrattempi, corriamo ai ripari col “contingent planning”. Iniziamo indicando il numero orientativo dei compiti che pensiamo (o speriamo) di portare a termine nel corso della giornata, considerando le volte in cui verremo verosimilmente interrotti. Non solo: preoccupiamoci anche di specificare preventivamente quello che faremo, quando saremo costretti ad allontanarci (per periodi più o meno lunghi) dal nostro desk di lavoro. Conviene prefigurare il peggiore degli scenari ed elaborare una strategia capace di minimizzare i danni connessi ai rallentamenti e alle interruzioni che sfuggono al nostro volere.

Due pianificazioni per aumentare il coinvolgimento al lavoro

Bisogna innanzitutto definire un piano giornaliero scegliendo tra queste due diverse tipologie:

  • il “time management planning” (improntato sulla gestione del tempo) che prevede la compilazione di una lista di cose da fare e l’indicazione dei compiti e delle mansioni a cui dare la priorità;
  • il “contingent planning” (incardinato sull’imprevisto) che contempla la possibilità di avere contrattempi che causano slittamenti o interruzioni e che prevede l’elaborazione di un eventuale “piano di salvataggio”.

Lo studio riportato dall’Harvard Business Review ha passato in rassegna un campione rappresentato da 187 lavoratori, impiegati in settori diversi, osservati con attenzione per due intere settimane. Quello che è stato messo in evidenza dagli esperti è che l’utilizzo del “time management planning” produce effetti positivi, in termini di coinvolgimento e di produttività, solo quando le cose vanno bene, ma se le giornate sono contrappuntate da continue interruzioni, sortisce invece scarsi risultati.

Per essere più chiari: stando a quanto verificato dagli analisti e dagli accademici, quando gli imprevisti “rubano” circa il 20% del tempo di cui dispone un lavoratore, il suddetto piano che suggerisce di puntare sulla gestione ragionata del tempo risulta del tutto inefficace. Ed è a questo punto che occorre ricorrere alla seconda tipologia di pianificazione che garantirebbe il raggiungimento del risultato, a prescindere dalla quantità di interruzioni che minacciano di sabotare il buon andamento delle nostre giornate lavorative.

Le distrazioni sono sempre dietro l’angolo, anche al lavoro dove la visita di un collega o una notifica del cellulare possono facilmente farci perdere il filo. Non c’è da farne un dramma, con una buona organizzazione mentale e un’efficace pianificazione, anche le giornate più complicate (segnate da continui stop & go) possono risolversi positivamente, mettendoci al riparo dalle “ramanzine” del capo.

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