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Cooperativa, una modalità di fare impresa democratica e a servizio della comunità

La cooperazione oggi svolge nel nostro Paese una funzione sociale indiscussa, contribuendo a buoni livelli di efficienza dell’intero sistema economico e rappresentando un punto di forza in termini di coesione sociale.

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Partecipazione, democrazia, parità fra soci, sviluppo del lavoro sono i primi concetti che emergono quando si parla di cooperazione, un modello di intendere l’impresa le cui radici affondano nel XIX secolo e che oggi rappresenta un’interessante fetta di mercato e, quindi, di occupazione, nel panorama nazionale, con una presenza capillare in tutti i settori economici.

Cenni storici

Le prima notizie su pionieristiche esperienze cooperative vanno ricercate nel Regno Unito, quando nel 1844, nella città di Rochdale, un gruppo di tessitori, a fronte di una crisi economica di notevoli dimensioni, costituì uno spaccio cooperativo a servizio dei soci. Qualche anno più tardi nel nostro Paese prese vita la Società Lago di Garda, costituita a Salò per la produzione di limoni e via via altre esperienze in Piemonte, come la Società degli Operai e un’associazione artistico vetraria.

cooperativa sociale

Il modello cooperativo si sviluppò a tal punto che nel 1862 nel Regno d’Italia si contavano ben 443 società di mutuo soccorso: ben presto si giunse alla costituzione delle prime cooperative di consumo a Milano e Como e della prima Banca Cooperativa a Lodi, due settori che, ancora oggi, sono pilastri della cooperazione italiana. Nel 1886, sempre nella città ambrosiana, il primo congresso dei cooperatori italiani diede vita alla Federazione delle società cooperative italiane, che dal 1993 assunse la denominazione di Lega Nazionale delle Cooperative, il più antico ente di riferimento cooperativo, che successivamente fu affiancato (1919) dalla Confederazione Cooperative Italiane (Confcooperative) e nel 1952 dall’Associazione Generale Cooperative Italiane (AGCI).

L’inizio del XX secolo segnò uno sviluppo molto forte del movimento cooperativo: si passò dalle 3.800 organizzazioni del 1902 alle 5.065 del 1910, mentre allo scoppio della Grande Guerra si contavano 7.429 cooperative con un milione e 800mila soci, operanti in settori quali il consumo, la produzione lavoro, l’agricoltura e le assicurazioni. Dopo la ovvia frenata dovuta al conflitto mondiale riprese la corsa della cooperazione (25.000 cooperative con oltre 2 milioni di soci), che subì successivamente i contraccolpi dell’avvento del fascismo.

La crescita, comunque non subì forti flessioni e consolidò alcuni settori storici per la cooperazione, quali le cooperative di credito, spesso costituite da sacerdoti per tenere al riparo i propri parrocchiani dal rischio dell’usura, le cooperative ortofrutticole, le cantine sociali, i macelli sociali, i frantoi sociali, le centrali del latte, tutte soluzioni aggregative del comparto agricolo nazionale per concentrare le produzioni di ogni singolo coltivatore diretto e presentarsi sul mercato con una forza decisamente superiore. Gli anni del boom economico videro la cooperazione sempre in crescita, basti pensare nel 1962 a Bologna fu costituita CONAD, attuale colosso cooperativo nell’ambito della grande distribuzione alimentare e l’anno successivo il gruppo assicurativo UNIPOL.

Gli anni ’70 furono teatro di una nuova scommessa per la cooperazione, in quanto questa modalità di impresa venne ritenuta ideale per lo sviluppo e l’organizzazione di tante esperienze di volontariato e associazionismo che necessitavano di una struttura stabile per operare sul mercato e rapportarsi con gli enti pubblici territoriali. Nacque così la cooperazione sociale, che, in meno di 50 anni, oggi è un settore trainante dell’economia cooperativa italiana, al pari dei già citati ambiti tradizionali.

La cooperazione oggi

Il modello cooperativo, poi, rappresenta un’eccellenza in termini di inclusione socio-economica, in quanto il 58% degli occupati sono donne e oltre il 155 sono immigrati. A questo proposito è interessante rilevare che la sola cooperazione sociale (servizi di assistenza a vario titolo alle persone compreso quelle fragili) offre lavoro a 355.000 addetti, che sono impegnati in attività di cui beneficiano circa 7 milioni di italiani. Si è detto che storicamente la cooperazione trovò terreno fertile negli ambiti delle aggregazioni agricole: si tratta di una peculiarità tuttora primaria, tanto che la produzione agroalimentare italiana che proviene da strutture cooperative vale ben 35 miliardi di euro.

Valori e principi di una cooperativa

Di fatto una cooperativa è un’associazione di persone che si mettono insieme per soddisfare i propri bisogni economici, sociali, culturali tramite un’impresa la cui proprietà è comune e viene controllata e gestita in modo democratico. Per questo i soci di una cooperativa incarnano i valori di onestà, trasparenza, responsabilità sociale e attenzione verso gli altri e nello stesso tempo rispettano le regole economiche che il mercato loro impone, promuovendo un modello di sviluppo e modalità di lavoro attento alle persone e alle comunità in cui sono inserite.

I principi che sono alla base di una cooperativa (approvati nel corso del Congresso del Centenario dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, svoltosi a Manchester nel  settembre 1995) sono:

  1. Adesione Libera e Volontaria senza discriminazioni;
  2. Controllo democratico da parte dei soci che hanno tutti gli stessi diritti;
  3. Partecipazione economica dei soci paritaria;
  4. Autonomia ed indipendenza anche in caso di accordi con organizzazioni terze;
  5. Educazione, formazione e informazione continua;
  6. Cooperazione fra cooperative e rafforzamento del movimento cooperativo;
  7. Interesse verso la comunità per uno sviluppo sostenibile.

Come fare per costituire una cooperativa?

Per fondare una cooperativa servono almeno 3 soci, mentre non esiste un numero massimo degli aderenti e l’eventuale ingresso o fuoriuscita di un socio non necessitano di variazioni dell’atto costitutivo. Alle cooperative vengono applicate le disposizioni delle società S.r.l. o S.p.A. Il modello S.r.l. è obbligatorio per le cooperative con meno di nove soci, che, in questo caso devono essere esclusivamente persone fisiche. Viene normalmente adottato anche da cooperative con meno di venti soci e con un attivo patrimoniale inferiore a 1 milione di euro, mentre il modello S.p.A. è invece obbligatorio con più di 20 soci e un attivo patrimoniale superiore a 1 milione di euro.

Per formare una cooperativa non è previsto un valore minimo del capitale sociale, come previsto per altre tipologie di società, mentre la quota di capitale sociale per il singolo socio non può essere inferiore a 25 euro e superiore a 100.000 euro. Le quota per ogni singolo socio, al di là delle spese fisse di costituzione (atto notarile, iscrizione al Registro Imprese della Camera di Commercio e all’Albo nazionale delle cooperative, apertura della P.IVA, acquisto e vidimazione libri sociali e registri contabili), viene definita democraticamente fra i soci stessi, in funzione degli investimenti inziali necessari per avviare l’attività.

La cooperativa, si è detto, è un’impresa basata su criteri democratici, per cui è controllata dai soci, che esprimono il proprio voto in assemblea: gli organi di governo sono appunto l’assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, che operano in maniera del tutto simile alle altre società. La peculiarità che rende differente la cooperativa sta nel fatto che ogni socio esprime in assemblea il suo voto (ogni socio un voto), indipendentemente dalla quota di partecipazione al capitale sociale, un principio opposto a quello delle società di capitale, in cui il peso decisionale è proporzionale al capitale versato.

E’ interessante sottolineare gli aspetti relativi agli utili di esercizio, in quanto la cooperativa agisce secondo modalità mutualistiche e non speculative. Ebbene, quando viene approvato il bilancio, la cooperativa è tenuta a destinare il 30% degli utili netti alla Riserva Legale e un 3% al Fondo Mutualistico per la promozione e sviluppo della cooperazione. Compiuti questi obblighi, può distribuire gli utili ai soci a titolo di dividendi sulle quote di capitale versate (nei limiti indicati dal Codice Civile), incrementare il valore delle quote di capitale dei soci (nei limiti dell’indice ISTAT), oppure destinarli nel patrimonio a riserve indivisibili. E’ bene ricordare che in una cooperativa, il patrimonio non può essere diviso tra i soci, in quanto è destinato alla continuità della cooperativa stessa nel tempo e allo sviluppo. Quando viene sciolta una cooperativa, il patrimonio finale di liquidazione, dedotto il capitale sociale, viene devoluto al fondo mutualistico per la promozione cooperativa.

I vantaggi fiscali di una cooperativa

Le cooperative sono aziende e, come tutte le altre, pagano tasse e contributi. Le agevolazioni fiscali sono legate alle singole tipologie di cooperativa. Per le cooperative a mutualità prevalente (che svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci o che utilizzano prevalentemente il lavoro dei soci o che si avvalgono prevalentemente di conferimenti dei soci) è soggetta ad IRES una quota di utili netti annuali pari al 43% o al 68% nel caso di cooperative di consumo, mentre per le restanti quote di utili netti (57% o 32%) la cooperativa beneficia di disposizioni in base alle quali non concorrono a formare il reddito imponibile le somme destinate a:

  1. Riserve indivisibili;
  2. Fondi mutualistici (3%);
  3. Rivalutazione gratuita delle quote o delle azioni.

Le stesse agevolazioni si applicano anche a cooperative agricole e della piccola pesca, con la differenza che la quota di utile netto che va assoggettata ad IRES è pari al 23% degli utili netti annuali. Un ulteriore vantaggio riguarda le cooperative di produzione e lavoro, per le quali, oltre alla suddetta detassazione (67% o 77%) si applica un’ulteriore detassazione che è pari all’importo corrispondente a quello dell’IRAP prevista in bilancio. Solo le cooperative sociali, in presenza di specifiche condizioni, possono beneficiare dell’integrale esenzione da IRES.

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