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Cos’è la settimana lavorativa di quattro giorni

Dal 2015 si sta testando la settimana lavorativa di quattro giorni. Sta andando bene, esistono però diversi scenari.

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Dal 2015 negli ambienti di lavoro si sta testando un nuovo tipo di organizzazione che prevede la settimana lavorativa di quattro giorni. Ad iniziare è stata l’Islanda, dove le cose si può dire siano andate bene. Poi il Regno Unito, la Spagna e poi ancora diverse altre nazioni si sono aggregate a questa tendenza. Il tutto sulla base di studi che hanno indicato a più riprese il fatto che non fosse necessario tenere i dipendenti al lavoro tutti e 5 i giorni ed anzi sarebbe stato meglio dare loro un giorno in più di riposo. Anche in Italia, pur in assenza di una norma apposita, alcune aziende hanno cominciato a testare la settimana corta. Meno giornate di lavoro, ma con una maggiore produttività. Ma cosa si intende per giornata lavorativa di quattro giorni?

I tre casi possibili

Non tutti hanno la stessa idea, ci sono infatti diverse opzioni. In Ue in media si lavora 40 ore settimanali (un po’ di più, un po’ di meno, a seconda dei paesi). La riduzione delle giornate di lavoro non è detto corrisponda ad una conseguente riduzione del monte ore settimanale. Ovvero una delle opzioni è quella di lavorare lo stesso numero di ore in meno giorni. Se si lavora 40 ore, queste 40 le si faranno in 4 giornate, ovvero si lavorerà 10 ore al giorno per poter avere poi una giornata in più libera. In questo caso sussistono diverse opinioni, in quanto se è vero che si gode di un weekend di tre giorni, è vero che il carico di lavoro giornaliero aumenta significativamente, e non è quindi detto si riesca a mantenere la stessa produttività, o addirittura ad aumentarla come auspicato.

Un secondo caso è quello in cui vi è una riduzione sia dei giorni che delle ore, ma anche del salario. Un esempio teorico classico è quello delle 8 ore giornaliere. Al posto di essere 40 diventano 32, ma anche lo stipendio si riduce di conseguenza. Qui il problema non è certo il carico di lavoro, che resta uguale per tutti i giorni lavorativi ed addirittura si gode di una terza giornata di riposo alla settimana, bisogna però accettare l’idea che si guadagni di meno. Quindi un maggiore relax, forse anche una maggiore produttività, ma banalmente meno ore, meno soldi. E’ questo un compromesso che soprattutto per chi non ha uno stipendio molto alto e magari ha famiglia può essere difficilmente accettabile, in quanto ogni entrata fa decisamente comodo.

Il terzo scenario è quello migliore, perlomeno per i dipendenti. Si tratta di una riduzione sia dei giorni che delle ore di lavoro ma a salario invariato. Ovvero le aziende che adottano questa strategia puntano tutto sulla produttività. Secondo loro quindi, far lavorare meno un dipendente e concedergli un giorno in più di riposo ad uguale stipendio, lo porterebbe a lavorare molto meglio, al punto da superare la produttività dei classici cinque giorni. Questa è effettivamente la scommessa più grande di tutte. Se infatti nei primi due casi vi è una mediazione tra le esigenze aziendali e il benessere psico-fisico del lavoratore, in questo caso l’impresa che dispone la settimana lavorativa di quattro giorni si affida completamente alle capacità e alle attitudini dei suoi lavoratori.

Non in tutte le nazioni però la settimana lavorativa di quattro giorni è vista di buon occhio. In Svizzera ad esempio se nel 2022, sull’onda della pandemia, quasi il 40% pensava che fosse una buona soluzione, ora la percentuale è scesa al 31%. Ed infatti il percorso per la sua adozione rimane piuttosto faticoso. In ogni caso la settimana corta è certamente una soluzione valida in un buon numero di occasioni, ci vorrebbero però normative ad hoc che la disciplinino, in modo da poter dare direttive chiare ed univoche alle aziende che dovessero decidere di adottarla.

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