Per affermare il proprio brand e il proprio business è fondamentale avere tra gli obiettivi aziendali primari il benessere organizzativo. Promuovere servizi di welfare che integrino i servizi statali può essere un modo per incentivare la produttività aiutando i propri collaboratori nella gestione della vita privata e lavorativa.
Nelle imprese è sempre più diffusa la consapevolezza del collegamento tra miglioramento del benessere dei lavoratori e delle loro famiglie e maggiore produttività. Questa cognizione sta inducendo molte aziende ad introdurre, direttamente nei contratti di lavoro, forme di welfare che stanno modificando, perfino, la tradizionale composizione della struttura retributiva, con l’introduzione di nuove voci per la costituzione di appositi Fondi contrattuali e per l’erogazione di benefici economici e sociali.
Indice
Welfare statale e welfare aziendale
Il successo di queste forme di welfare aziendale è stato sicuramente favorito dall’adozione da parte dello Stato, a seguito di una lunga e perdurante crisi economica, del principio di equilibrio di bilancio; principio che ha provocato una politica di finanza pubblica molto restrittiva.
Anche se l’Italia continua a disporre di un Servizio Sanitario universalistico, i cittadini pur di evitare le conseguenze delle lunghe liste di attesa per ricoveri, analisi e visite mediche, fanno ricorso sempre più frequentemente a strutture private per soddisfare il loro bisogno di salute, con conseguenze negative tangibili sull’equilibrio del loro bilancio familiare.
Analogamente, sempre allo scopo di contenere la crescente spesa pubblica dovuta all’invecchiamento della popolazione e al conseguente squilibrio tra popolazione attiva e pensionati, il sistema pensionistico obbligatorio, articolato in origine su un patto tra generazioni è stato oggetto nel tempo di continue e sostanziali modifiche; cambiamenti che hanno comportato il significativo innalzamento dell’età pensionabile e l’abbandono del sistema retributivo per la definizione dell’assegno di pensione; calcolo effettuato sulla base dell’ultima retribuzione percepita dal lavoratore.
A partire dal 2012, il sistema retributivo è stato definitivamente sostituito con quello contributivo; un sistema meno vantaggioso perché assume a riferimento, per la definizione dell’assegno di pensione, l’ammontare dei contributi versati dal lavoratore nell’arco dell’intera vita lavorativa.
Il risultato di queste scelte è riassunto nella promessa di una pensione sostanzialmente più bassa a parità di contributi versati. Scelte che hanno indotto i lavoratori a chiedere e alle aziende di introdurre forme integrative di salvaguardia pensionistica.
I sistemi di welfare aziendali
I sistemi di welfare aziendale maggiormente diffusi afferiscono, dunque:
- la Previdenza complementare, il cui scopo è quello di concorrere a formare un livello adeguato di tutela pensionistica, mediante prestazioni aggiuntive rispetto a quelle riconosciute dalla previdenza obbligatoria;
- l’Assistenza sanitaria integrativa che consiste nel riconoscimento di rimborsi per spese sanitarie sostenute dai lavoratori dipendenti e loro nuclei familiari, nonché di realizzare iniziative in materia di medicina preventiva ed interventi di assistenza a disabili o a persone con problemi connessi alle nuove emergenze sociali quali, ad esempio: tossicodipendenza, alcoolismo, disadattamento, ludopatia, ecc.;
- la Conciliazione dei tempi di vita familiare e di lavoro retribuito, realizzata con l’adozione crescente di misure flessibili tendenti concretamente a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. Tra queste vi sono gli asili nido e lo smart working, metodo di lavoro sperimentato massicciamente in quest’ultimo, per ragioni del tutto inattese. Si tratta, in ogni caso, di misure che incidono positivamente sulla produttività, sul benessere delle persone e anche sull’occupazione femminile
- la Formazione dei dipendenti, poiché l’acquisizione delle competenze e la sperimentazione di nuove modalità di lavoro rappresentano un’autentica priorità per lo sviluppo del welfare aziendale, in considerazione della distribuzione disarticolata dello spazio e dei tempi di lavoro, del diverso modo di comunicare e delle conseguenze sui legami tra persone e tra persone e luoghi di lavoro.
La platea dei servizi offerti può, peraltro, variare in base alla fascia di età, alla tipologia delle famiglie e agli interessi dei lavoratori. Dunque, per esser certi che il sistema di welfare venga accolto positivamente dai collaboratori, che corrisponda alle loro reali aspettative, è sempre opportuno farlo precedere da un’indagine interna che censisca i bisogni, li analizzi, li rappresenti secondo una scala di priorità e riesca a fornire valutazioni compiute sul suo impatto economico e sociale.
Ciò detto, i sistemi di welfare, notoriamente più diffusi nelle aziende di grandi dimensioni, si stanno via via espandendo anche in quelle piccole e medie sia perché costituiscono un imprescindibile nuovo elemento di successo e sia per le scelte di politica normativa che a partire dal 2016 ha potenziato gli incentivi fiscali in favore degli utilizzatori.
I vantaggi per le aziende
In proposito, il rapporto Welfare Index 2019, promosso e sostenuto da Generali, evidenzia che il 73% delle aziende che adottano un sistema interno di welfare, ha riscontrato un elevato grado di soddisfazione tra i lavoratori e che, nel 64% del campione osservato, è stata riscontrato anche un significativo aumento della produttività.
In concreto, realizzare un sistema di welfare significa promuovere vantaggi per l’azienda, che ne ricava utilità produttive e fiscali e per i dipendenti che vedono ampliarsi il confine di sostegno aziendale oltre il luogo di lavoro, fin nelle mura domestiche, con ricadute positive sul rapporto di fiducia e sulla qualità del clima aziendale; qualità che si riscontra anche con la diminuzione degli eventi di malattia o di congedi e con l’aumento della disponibilità a lavorare di più, a sentirsi protagonisti di una storia aziendale che considera il lavoratore una persona.
Il ruolo delle Risorse Umane nel welfare aziendale
Nel contesto delineato di welfare, la Funzione Risorse Umane delle aziende è chiamata a svolgere un ruolo determinante, soprattutto nel campo della Conciliazione dei tempi di vita con quelli del lavoro e della Formazione. Compito delle Risorse Umane è, infatti, quello di esplorare, scovare e soddisfare le esigenze espresse dal multiforme mondo dei collaboratori per favorire il soddisfacimento dei loro bisogni ma anche per dotare ciascun collaboratore di ogni utile strumento di crescita personale e professionale.
Un precursore del modello etico e valoriale sul quale ci siamo brevemente intrattenuti, fu Adriano Olivetti che fin dagli anni ’50 comprese l’importanza dell’umanesimo in azienda, che cominciò ad affiancare gli umanisti agli ingegneri e agli economisti con l’obiettivo di evitare derive tecnicistiche. Si trattò di un’esperienza straordinaria che le aziende contemporanee ancora stentano a far propria e che, invece, sarebbe fondamentale applicare per diffondere la cultura di comunità: motore di sviluppo per l’azienda e strumento di valorizzazione del capitale umano.