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Il lavoro dell’influencer sta finendo?

Il lavoro dell’influencer non sta finendo, ma probabilmente si modificherà significativamente negli anni.

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Dal caso Chiara Ferragni in poi si è fatto un gran parlare del lavoro dell’influencer, che sarebbe entrato in una sorta di crisi profonda in quanto si sarebbe rotta quella fino ad ora inscalfibile aura che avvolge praticamente da sempre la professione. Ma sarà davvero così? Il problema, dopo il coinvolgimento in alcune inchieste dell’influencer più nota d’Italia e non solo, è stato quello di rendersi conto del fatto che quel mondo potesse non essere così trasparente. Tralasciando Chiara però, le cui presunte responsabilità sono ancora tutte da dimostrare, non è che fosse proprio una novità che dietro ad alcuni regnanti del web potesse nascondersi anche un mondo meno idealista ed invece molto più propenso alle marchette.

influencer

Ovviamente, come al solito, una generalizzazione a caso è semplicemente stupida. C’è chi fa il suo lavoro con onestà e trasparenza ed ha anche una grande utilità nel produrre e diffondere contenuti molto seri ed importanti e c’è chi invece si lascia andare a sistemi più sbrigativi e probabilmente anche redditizi. La questione però, è che il solo dubbio che ci possa essere dietro qualcosa di poco regolare, ha fatto (parzialmente) precipitare la fiducia nei confronti della Ferragni e, almeno un po’, ha generato un meccanismo a cascata.

Anche perché pure il governo si è affrettato ad intervenire per regolare il modo di fare beneficenza degli influencer. E la cosa ha ovviamente alimentato la polemica (e pure la sfiducia). Ma cosa fa davvero un influencer? Ci servono davvero personaggi che ci dicono cosa fare, cosa comprare, come vestirci e tutta una serie di altre questioni che potremmo anche decidere da soli? E perché un intero settore lavorativo potrebbe entrare in una crisi irreversibile?

Chi è influencer?

Cominciamo col dire che con tutta probabilità il settore non avrà una crisi esistenziale. Però è vero che bisogna intendersi esattamente su cosa sia un influencer. Un conto infatti è lavorare come informatore carismatico su un determinato argomento o prodotto, essendo preparati su di esso e diffondendo quindi informazioni precise, utili, importanti, in grado di costruire un panorama affidabile in riferimento a ciò di cui si tratta.

Un altro conto è che degli improvvisati si cimentino nell’insegnare cose nemmeno loro sanno o pubblicizzino prodotti o servizi al solo scopo di avere un ritorno economico di un qualche tipo. E che riescano a farlo solamente perché capaci di crearsi un personaggio concreto e che ispira fiducia, o comunque è in grado di produrre una sorta di attrazione magnetica. In quest’ultimo caso l’attività afferisce più al marketing o alla vendita, più che all’essere un vero e proprio influencer. Le due pratiche insomma andrebbero distinte un po’ meglio. Chi vuole insegnare qualcosa, deve essere in grado di farlo. Chi vuole pubblicizzare qualcosa deve dirlo chiaramente ed avere una conoscenza approfondita del prodotto che pubblicizza.

Detto questo, dato che l’iniziativa personale è libera e tale deve restare, ovviamente chiunque, una volta che resta all’interno della legge, può pubblicare ciò che vuole. E fin qui dubbi non ce ne sono. Però definire tutti quelli che si propongono come orientatori della vita, delle opinioni o delle scelte degli altri come influencer sembra abbastanza azzardato, in quanto si rischia di mettere esattamente sullo stesso piano persone espertissime di un determinato settore che con i loro contenuti cercano di fare qualcosa di utile e altre persone che ne sanno poco e nulla ma si propongono lo stesso come esperti. Insomma, che tutti possano parlare di tutto va benissimo (e ci mancherebbe altro), che però tutti possano fregiarsi di un qualche titolo su qualsiasi argomento possibile è un discorso che probabilmente andrebbe affrontato seriamente.

Content creator e influencer

Il content creator è un influencer? Le due figure non corrispondono, però mentre il secondo è sicuramente anche il primo, il primo può essere o meno anche il secondo. Vale a dire che un influencer è senza alcun dubbio anche un creatore di contenuti, ma non è detto che quest’ultimo sia per forza un influencer. Infatti un content creator è, come dice il nome stesso, qualcuno che inventa, studia e prepara contenuti specifici da mettere in rete, quasi sempre sui social. Non vi è una definizione precisa di quali siano i contenuti giusti, quindi ognuno di essi va bene, anche  quando è pubblicitario. Però i content creator sono ad esempio anche quelli che fanno video comici, o di natura sociale. Hanno sicuramente lo scopo di fare views e praticamente sempre anche di guadagnarci, ma non si propongono come chi vuole orientare le scelte delle persone.

Gli influencer invece, anche qui il nome dice tutto, sono quelli che spiegano come fare una certa cosa, come pensare su un determinato argomento e perché, cosa comprare e dove e via dicendo. Anch’essi producono quindi contenuti, ma il loro tratto carismatico li distingue dagli altri. Un influencer esperto senza carisma avrà successo con molta difficoltà. Mentre un influencer anche completamente a digiuno rispetto all’argomento di cui parla ma con un forte tratto caratteriale è facile che riesca ad imporsi. Ciò non è che sia esattamente una cosa positiva ma tant’è. Le persone infatti non è raro che cerchino sicurezze, anche magari dove non ce ne sono. Ma a volte una buona e facile illusione funziona meglio di una più articolata verità.

Abbiamo bisogno degli influencer?

Un’altra domanda che potrebbe modificare il destino futuro degli influencer è questa: ne abbiamo davvero bisogno? Per rispondere bisogna che ci si intenda su due cose fondamentali. La prima è definire il “bisogno”, la seconda è chi è davvero influencer e chi no. Nel primo caso, se intendiamo la parola bisogno come una pura necessità, allora la risposta facilmente è no. Non c’è un reale bisogno che qualcuno ci orienti le scelte di vita, le opinioni, gli acquisti, i movimenti e così via. Anzi, detta così sembra una pure una roba abbastanza invasiva.

Se invece interpretiamo la parola bisogno come la volontà di conoscere, informarsi e quindi agire meglio allora la storia può cambiare. L’opinione di un esperto del tutto imparziale su un determinato argomento, ovvero una persona non ideologizzata, non pagata da nessuno e quindi senza alcun conflitto di interesse, può essere molto utile nel far decidere a chi lo segue l’acquisto migliore, il viaggio più bello e via dicendo.

E qui veniamo al secondo punto, che abbiamo comunque già affrontato. Una persona che non conosce l’argomento di cui parla, o peggio che ha un interesse (dichiarato o meno) a sostenere una certa tesi, non dovrebbe avere una reale influenza nell’orientare le scelte degli altri. Perché o non sa bene cosa dice (inesperto) o lo dice perché ha un qualche ritorno, economico, di potere e via dicendo. Dovrebbe quindi astenersi dal cercare di imporsi come personaggio affidabile su quello specifico argomento. Di quest’ultima figura in effetti non ne abbiamo molto bisogno. Non si capisce infatti perché dovremmo ascoltare qualcuno che ci parla di qualcosa in un certo modo e che lo fa solo perché conviene a lui. Il problema principale qui è, spesso, scoprire chi ha un interesse e chi no.

Le due campane

Proseguendo il discorso “abbiamo o no bisogno degli influencer?” una buona pratica sarebbe quella di seguire o comunque sentire sempre due o anche più campane. Il che significa che è meglio non fossilizzarsi su un’opinione, una destinazione, una marca, tantomeno su un solo influencer. Ascoltare punti di vista differenti, cercando di scegliere accuratamente le fonti è quanto di più intelligente si possa fare per formarsi un’opinione corretta ed imparziale su un determinato argomento. E ciò aiuterebbe non poco la professione stessa in quanto il confronto spingerebbe chi crea i contenuti a farne sempre di più raffinati ed approfonditi.

Invece dare per scontata un’opinione, anche solo perché corrisponde alla propria in quel momento è qualcosa che limita molto la conoscenza. Per capirci meglio possiamo pensare alla politica. C’è chi da sempre vota a destra e chi da sempre vota a sinistra. Ma ci sono anche quelli che a volte vanno a votare a volte no, a volte votano partiti grandi altre volte votano quelli piccoli. E quelli che ad un’elezione votano a sinistra ed a quella dopo a destra. Ciò non è sintomo di indecisione, ma di riflessione. Sono con tutta probabilità persone che si informano da fonti diverse, che non provengono da una sola parte e che quindi sono anche in grado di cambiare idea e fare una scelta differente. Che questa scelta sia giusta o sbagliata è insindacabile da fuori. Così può e dovrebbe funzionare anche nel mondo degli influencer. Uno che dice cose giuste, non è detto che le dica sempre.

La formazione delle opinioni

Un’opinione si può formare in vari modi, ma in ogni caso tutti derivano da come ci si pone rispetto ad un argomento e, ovviamente, da quali siano le fonti utilizzate per informarsi. Proviamo a fare un esempio concreto: Tizio è una persona mediamente informata, con una buona istruzione e molto attento ai problemi della società. Tizio viene a sapere attraverso i telegiornali che potrebbe essere introdotta una legge che estende i diritti degli omosessuali. Lui è tendenzialmente favorevole a questa estensione, ma con alcune riserve. Quindi è d’accordo, ma non su tutti i punti della legge in questione.

A questo punto decide di informarsi meglio per capirne di più. Per farlo compra alcuni giornali, segue alcune trasmissioni che ne parlano ed anche pensa che sia meglio sentire l’opinione di alcuni influencer barra opinion leader che parlano di società. Qui possono succedere tre cose. 1) Se Tizio ascolterà solo chi è favorevole alla legge, le sue riserve tenderanno a sciogliersi. Diventerà quindi con una certa probabilità del tutto favorevole alla legge. 2) Se invece ascolterà solo quelli contro per avere un altro punto di vista, probabilmente le sue riserve sulla legge aumenteranno e potrebbe anche accadere che cambi idea, diventando contrario. 3) Se invece adotterà un approccio bilaterale, riuscirà a farsi un’idea molto più completa della questione, riuscendo meglio a bilanciare i pro e i contro ed esprimerà quindi un parere più formato, istruito, in una parola, migliore.

Gli influencer di ogni settotre, quando imparziali e competenti hanno sicuramente una buona utilità nella formazione dell’opinione pubblica. Ma quest’ultima deve però avere l’accortezza di non fossilizzarsi su una fonte sola, o comunque su fonti che hanno tutte la stessa idea sull’argomento trattato. E’ necessario invece che scelga persone ben informate da una parte e dall’altra. Questo permetterà a chi le segue di costruirsi un parere che possiamo tranquillamente definire completo, scevro da punti di vista ideologici e da interessi di sorta. Ciò è molto importante per il progresso della società e appunto chi fa l’influencer di lavoro deve essere in grado di soddisfare questo bisogno, che è molto concreto e decisamente complesso. Insomma, chiunque può esprimere un parere su internet, ma non a tutti dovrebbe essere data uguale affidabilità. E bisogna avere il coraggio di ascoltare anche punti di vista differenti dai propri senza pregiudizi.

La sfida con l’intelligenza artificiale

Un pericolo per il lavoro dell’influencer potrebbe venire dall’intelligenza artificiale. E’ noto infatti che siano già state create varie figure virtuali atte ad affiancare, quando non a sostituire, le persone reali. Non sempre tali esperimenti sono andati bene. Ad esempio l’influencer gestito da una IA nel campo dell’automobilismo sportivo ha avuto vita brevissima. Però non è detto che una sorta di avatar funzionante attraverso intelligenza artificiale non sia mai in grado di prendere il posto di un qualche influencer reale. Non è detto, però è effettivamente molto complicato. Qualcosa gestito da un computer difficilmente potrà eguagliare le prestazioni umane, quando queste sono esperte, competenti, assidue. Ma anche fantasiose, creative, interessanti.

C’è poi un altro problema non di poco conto. Le IA utilizzano comunque informazioni generate da esseri umani. Se questi dovessero essere, per paradosso, completamente sostituiti, da dove prenderebbero le IA tali informazioni? Le persone creano teorie, fanno interviste, organizzano incontri da cui nascono iniziative e via dicendo. Come potrebbe mai un qualcosa di virtuale fare lo stesso e soprattutto riuscendo a creare un’identica qualità ed il medesimo interesse del pubblico? E’ facile capire come un influencer computerizzato gestito da intelligenza artificiale possa essere in grado forse di sostituire un improvvisato, ma non certamente qualcuno che sa il fatto suo. Di conseguenza il pericolo esiste, ma è scongiurabile creando contenuti sempre migliori.

In conclusione possiamo dire che certamente il lavoro dell’influencer non sta finendo, ma probabilmente si modificherà in modo da raggiungere una qualità sempre più alta, per far fronte alle esigenze del pubblico ed anche alle sfide provenienti dal mondo dell’intelligenza artificiale. Avranno probabilmente vita più dura quelli che cercano i like ed i guadagni facili creando contenuti di bassa qualità ed emergeranno sempre di più invece quelli che riusciranno a produrre racconti, esperienze, teorie solide e chi, anche quando deve parlare di un qualche prodotto, riuscirà a farlo in modo competente ed imparziale, influenzando così le scelte dei consumatori in maniera tanto corretta quanto neutrale.

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