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La cura strategica del benessere organizzativo nello Smart Working

Nel caso dello smartworking, le organizzazioni dalle più piccole alle più grandi, dovrebbero curare l’aspetto del benessere organizzativo. Vediamo come

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Sono stati milioni, i lavoratori che hanno assaporato il gusto dolce o amaro dello smart working durante il lockdown  in questo anomalo anno domini 2020, che sarà in futuro fonte di mille narrazioni ed aneddoti.

Le due facce dello Smart Working

smart working

Per alcuni lavoratori questa esperienza ha rappresentato un’entusiasmante avventura, un dolce sogno, ma per altri quasi una forma di schiavitù, governata dall’appiattimento del fluire del tempo, immersi in un senso costante di fatica ed un’attività protratta ben oltre l’imbrunire ed intervallata dai soli bisogni vitali; in alcuni casi invece, l’esperienza del lavoro smart è stata scandita da una produzione lenta e priva di obiettivi precisi, che ha alimentato il senso d’abbandono nei confronti dell’azienda, sopore, pigrizia e sonnolenza, coadiuvate dalla dolce atmosfera d’inizio primavera.

La forma portata avanti in costrizione domiciliare, resa necessaria dall’epidemia  pandemica, è stata in maniera equivoca raccontata da molti come lavoro smart; in realtà in tanti casi si è trattato di altro e sorvolando per un momento sulle disquisizioni semantiche e le differenze giuridiche, ci ha fornito nella maggior parte dei casi soltanto un’idea delle finalità e di quelle che potrebbero essere le potenzialità del lavoro agile.

L’essenza del vero lavoro smart è stata snaturata nel suo significato, dall’appiattimento del tempo, mancanza di KPI, mezzi di comunicazione inadeguati, sensazione di abbandono, costrizione claustrofobica in ambienti ristretti e condivisi, telefonate e riunioni impreziosite dalla colonna sonora di pargoli urlanti e vicini di casa in preda a comportamenti sui generis  o dalla desolante solitudine e vuoto.  

La mancata tutela della salute organizzativa

L’aspetto, che ha inciso maggiormente in maniera negativa  sulla vita lavorativa di molti, e che dovrebbe essere da monito per le future scelte sia legislative che strategiche ed aziendali, è stata l’improvvisazione,  accompagnata dalla mancanza di un piano strutturato di tutela della salute organizzativa.

Cos’è la salute organizzativa

Con il termine salute organizzativa si intende l’insieme di fattori culturali e di processo  grazie ai quali un’ organizzazione è in grado di promuovere, mantenere e migliorare il benessere fisico, psicologico e sociale degli addetti ai lavori. L’azienda deve cioè impegnarsi a garantire, non soltanto uno sviluppo economico, ma mantenere ed accrescere anche la salute dei suoi dipendenti. Del resto, la stessa costituzione dell’ OMS  considera il termine salute, non solo come  assenza di infermità e patologie in un individuo, ma anche come una condizione di benessere mentale e sociale.

Il rapporto tra lavoratore e salute organizzativa

Il rapporto tra lavoratore e salute organizzativa è in perfetta sinergia. Ove sono carenti la salute organizzativa ed il benessere, è proprio lì che  problematiche come stress, burnout, assenze ripetute e turnover trovano un terreno ricco di humus per proliferare e riversarsi inevitabilmente sulla performance del dipendente,  compromettendo anche l’intera produttività dell’azienda.

Un’organizzazione lavorativa in buona salute

Esistono numerosi indicatori e segnali di benessere  che ci rivelano quando un’organizzazione  lavorativa goda di buona salute:

  • Favorire la presenza di un ambiente confortevole
  • Comunicare obiettivi professionali  in maniera chiara
  • Assecondare le caratteristiche e le potenzialità individuali, lodando i pregi.
  • Ascoltare attivamente le proposte e le difficoltà dei dipendenti
  • Informare costantemente i dipendenti su questioni pertinenti al lavoro
  • Prevenire e risolvere le conflittualità interne
  • Creare un ambiente fatto di comunicazione e collaborazione
  • Supportare i dipendenti al raggiungimento degli obiettivi
  • Mostrare equità nel trattamento retributivo e meritocrazia
  • Ridurre i livelli di stress
  • Stimolare nei dipendenti il senso di appartenenza alla squadra, rimarcando l’utilità del loro lavoro
  • Prevenire e ridurre i rischi professionali
  • Assegnare obiettivi sostenibili
  • Essere in sintonia con le innovazioni tecnologiche e culturali

Smart Working e benessere organizzativo

Nel caso dello smartworking, indipendentemente da quelli che sono gli obblighi normativi attuali e dei prossimi passi legislativi, le organizzazioni dalle più piccole alle più grandi,  dovrebbero, con lo scopo di curare l’aspetto del benessere organizzativo, operare un radicale cambio culturale e comprendere che questa è una forma di lavoro dalle mille potenzialità ed una grande sfida in termini di sostenibilità, ma  non è adatta ad ogni individuo e va programmata e cucita come un vestito affinché funzioni, assecondando le esigenze del dipendente e valorizzando le sue potenzialità.

Il lavoro smart deve incarnare in primis la libertà di individuare il luogo e le modalità di espletamento del nostro compito, che reputiamo,  secondo le nostre esigenze, i più adatti al raggiungimento degli obiettivi.

Richiede inoltre, che siano utilizzate nuove tecniche e che il contatto e la sinergia tra azienda e dipendente attraverso gli strumenti digitali siano costanti, il lavoratore non deve sentirsi solo ed abbandonato al suo destino; nello stesso tempo è necessario però spingere per una cultura alla disconnessione e concordare preventivamente i contatti con azienda, colleghi, clienti, poiché la reperibilità costante e l’invasione degli spazi della vita privata  è uno degli aspetti peggiori che sono emersi in questi mesi. Il lavoro smart per una sua corretta applicazione, chiede a gran voce una ridefinizione  di valori quali  collaborazione, fiducia e responsabilità.

Il corretto approccio al lavoro smart

La cultura del controllo e della presenza fisica costante dovranno essere sostituite da fiducia e valutazione dei profitti ottenuti.  Nel rispetto della salute organizzativa, lo smartworking non può essere  quindi un figlio dell’improvvisazione, ma richiede anzi un approccio programmato e non soltanto per il mero soddisfacimento di dinamiche legate alla performance ma per curare aspetti non meno importanti, come il benessere psicofisico, sociale ed ambientale dei lavoratori che come abbiamo visto operano in sinergia. Se io sono libero, sereno, motivato, ho concordato modalità e regole ed in possesso di tutti gli strumenti necessari per operare e raggiungere il mio obiettivo, l’intera squadra ne trarrà beneficio e solo allora potremo maturare una lucida idea su questa modalità di lavoro, della quale tutti parlano ma pochi ancora sposano.

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