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La protesta degli agricoltori in Europa

In Europa da circa un mese è montata la protesta degli agricoltori, che combattono contro politiche europee ritenute dannose.

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Da circa un mese un po’ in tutta Europa è montata la protesta degli agricoltori. Nata in Germania a dicembre 2023 quando, a causa di un buco di circa 60 miliardi, il governo tedesco ha dovuto prendere misure forti per risanare il bilancio, tra queste ce ne sono state alcune piuttosto pesanti che sono andate d intaccare il reddito da lavoro agricolo, come ad esempio il taglio dei sussidi e la fine dei vantaggi fiscali sul gasolio. Se la Germania ha fatto da capostipite, il problema però non riguarda certo solo lei, infatti la questione arriva e deriva direttamente da Bruxelles, cioè dall’Ue. Sul tavolo c’è il problema del cosiddetto Green deal, quella serie di misure che mirano a ridurre fortemente l’inquinamento, anche dal punto di vista di quello emesso per produrre (e quindi pure per coltivare)  e che, secondo gli agricoltori europei che protestano con i trattori, li metterebbe in una situazione di forte rischio economico, cosa che per qualcuno potrebbe voler dire addirittura il fallimento. L’Ue non ha fatto attendere troppo la sua risposta e pochi giorni fa, il 25 gennaio ha avviato una serie di colloqui con i rappresentanti degli agricoltori, in modo da cercare di trovare un compromesso tra le cosiddette politiche verdi ed i bisogni dei lavoratori della terra.

Gli agricoltori europei protestano con i trattori

In strada coi trattori

Paesi specifici hanno problemi comunitari ma anche più prettamente nazionali. In Francia ad esempio la protesta è montata per un motivo simile a quello che ha scatenato il fenomeno in Germania, ovvero il prezzo del gasolio. In particolare i francesi protestano per bloccare gli aumenti del prezzo del carburante, ma vi è anche un problema di regole sui pesticidi ed un altro che riguarda la burocrazia. Nel complesso è comunque stata una serie di questioni che ha portato gli agricoltori francesi ad invadere le strade con centinaia di trattori. Nelle ultime ore la situazione sembra essersi un po’ calmata in quatto Attal, il neo primo ministro transalpino, ha annunciato un fondo urgente di 50 milioni di euro ed una decina di misure a sostegno della filiera agricola. Facendo seguito a questo, alcuni blocchi stradali sembrano essersi sciolti.

Ma come siamo messi in Italia? La prima manifestazione, organizzata dal CRA (Comitati agricoli riuniti) è stata il 22 gennaio scorso. Da quel momento vi sono stati tutta una serie di eventi che hanno portato in strada centinaia di trattori sia a sud che a nord. Uno dei leader della protesta è Danilo Calvani, già noto al tempo del movimento dei Forconi, quando aveva portato in piazza gli agricoltori. Anche qui le rimostranze fanno capo ad una serie di problemi che vanno dalle politiche dell’Unione europea ai “diktat delle multinazionali” all’incapacità di qualsiasi governo di sostenere l’agricoltura, almeno a detta di chi le proteste le sta portando in strada. Secondo siti specializzati, come ad esempio Agronotizie, che raccoglie le voci degli agricoltori in protesta, le cose potrebbero non avere una fine troppo rapida, data la gravità del problema.

La questione Ucraina

Italia, Francia e Germania non sono gli unici paesi in cui gli agricoltori europei protestano con i trattori. Probabilmente si sta cercando di dare una scossa all’intera Europa. Enormi proteste ci sono state anche in Polonia, Romania, Grecia. Un fattore importante è poi quello della guerra in Ucraina. L’invasione russa ed il conseguente potenziale pericolo per l’Europa (che la Russia smentisce, ma è difficile farsi passare il dubbio) hanno causato una situazione per la quale gli stati europei si sono giustamente impegnati a sostenere in tutto e per tutto l’Ucraina contro l’invasore, ma è però chiaro che ciò causi alcuni problemi di bilancio.

Anche la stessa produzione Ucraina (che ricordiamo essere il secondo paese europeo per estensione) è una questione sul tavolo, in quanto l’importazione di prodotti nazionali potrebbe a detta di un certo numero di paesi danneggiare alcuni mercati interni. E’ nota infatti la questione dell’esportazione di grano ucraino. Prima della guerra, ed anche per un periodo durante la stessa, c’era un accordo tra Russia ed Ucraina sull’esportazione di grano. Ora le cose sono più difficili, ma le esportazioni non si sono fermate. In Ue vigeva comunque un divieto di commercio in alcuni stati: Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria. In queste nazioni l’Ucraina poteva transitare per esportare il suo grano (ed alcuni altri prodotti), ma non le era permesso di venderli nei mercati interni delle nazioni sopra citate, in quanto ciò avrebbe intaccato le produzioni locali.

Tale questione deriva dal fatto che la nazione invasa è una gigantesca produttrice agricola e si è quindi reso necessario da parte dell’Ue regolare le entrate dei suoi prodotti, nonostante la forte necessità dello stato capeggiato da Zelensky di vendere il proprio grano per sostenere l’economia di guerra e difendersi dalla Russia. E’ chiaro quindi che anche l’Ucraina è una questione attuale per gli agricoltori, visto che la guerra non è finita e non sembra proprio che avrà una conclusione rapida. Sull’Ucraina c’è poi la importantissima questione della sua possibile adesione all’Ue. Data la dimensione molto grande della nazione ex satellite sovietico che sta ora rivendicando con tutta la forza che ha la propria indipendenza, è probabile che se l’Ucraina entrasse nell’Unione Europea si renderebbero necessarie alcune riforme riguardanti la gestione del commercio dei prodotti, tra i quali ovviamente pure quelli agricoli. Quindi le questioni portate sul tavolo dagli agricoltori sembrano anche avere un qualcosa di, per così dire, profetico. Sostenere l’Ucraina è giusto e sacrosanto, ma nel contempo bisogna pensare ora alla regolamentazione del commercio una volta che il martoriato stato gialloblu entrerà nell’Unione Europea.

Un problema molto europeo

Tornando ai problemi diretti con l’Unione Europea, bisogna dire che il cosiddetto Green Deal, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto proteggere gli agricoltori e non danneggiarli. A favore di questa tesi esiste un buon numero di associazioni che sostengono ad esempio pratiche come la diminuzione dell’uso dei pesticidi e la riduzione degli allevamenti intensivi.  Queste posizioni si basano su un concetto molto forte che riguarda un cambiamento abbastanza radicale del modo di intendere l’agricoltura. Ma tra quelli che con la terra e gli animali ci lavorano, ovvero proprio gli agricoltori europei protestano con i trattori, sono in molti a pensare che ciò porterebbe più danni che altro. Forse è solo questione di tempi troppo stretti, ovvero le cose si potranno anche fare ma non nei pochi anni indicati dalle istituzioni europee. Oppure, non è nemmeno detto che tutto sia realizzabile.

Le posizioni insomma sono piuttosto contrastanti. Può esserci una comprensibile paura di un cambiamento da parte degli attori sociali coinvolti, cambiamento che comunque pone un certo numero di dubbi. Soprattutto le aziende più piccole che, se vogliamo parlare del contesto nostrano, sono il vero motore della produzione italiana, potrebbero avere diverse difficoltà nel rinnovarsi così tanto in così poco tempo (si parla comunque di qualche anno). Potrebbero non riuscire a reggere il peso di un tale cambiamento e crollare. E’ quindi abbastanza normale che la protesta sia montata in questo modo. C’è forse una difficoltà ad ascoltare le voci dal basso che negli ultimi anni si è un po’ troppo acuita. L’accusa che spesso viene formulata dai cittadini, è quella che chi decide pensa di avere la soluzione in tasca senza nemmeno ascoltare le parti sociali, oppure pensa che facendo una legge le cose cambino automaticamente. Ovviamente non è e non può essere così.

C’è comunque da dire che in questo caso è scesa in campo direttamente Ursula von der Leyen a parlare della questione degli agricoltori europei protestano con i trattori, la quale ha spiegato che “Il nostro obiettivo (dell’Ue, Nda) è sostenere i vostri mezzi di sussistenza, e garantire la sicurezza alimentare dell’Europa. Ognuno di noi ha un ruolo da svolgere in questo senso”, aggiungendo che “…stiamo tutti facendo un enorme sforzo per contribuire agli obiettivi collettivi del Green Deal europeo. Perché tutti noi viviamo con la natura e dalla natura. E anche se non siamo sempre d’accordo su tutte le questioni, siamo tutti d’accordo sul fatto che le sfide sono sempre più grandi. Che si tratti della concorrenza estera o dell’eccessiva regolamentazione interna, del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità o del declino demografico”. Però va detto che data la dimensione transnazionale della protesta ed i motivi molto profondi che la caratterizzano, anche l’intervento diretto della presidente della commissione europea potrebbe non essere sufficiente a placare gli animi degli agricoltori, che si aspettano invece interventi concreti ed urgenti atti a scongiurare ulteriori difficoltà per le proprie aziende già molto sotto pressione per i continui aumenti dei prezzi.

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