C’è un semplicissimo test che ognuno di noi può fare ritornando, con la mente, agli anni dell’infanzia. Cosa rispondevamo agli adulti che si divertivano a chiederci: “Cosa vuoi fare da grande?”. Le nostre aspirazioni si sono concretizzate nell’attività che oggi ci permette di pagare le bollette? O avevamo progettato un futuro che non ha nulla a che fare col nostro attuale presente? Qualsiasi sia la risposta, non allarmatevi. Chi ha manifestato di avere, da subito, le idee chiare e ha dato seguito agli intendimenti infantili non è necessariamente più fortunato di chi ha fatto tutt’altro nella vita. L’infanzia è un periodo attraversato da stimoli e condizionamenti continui. Nel quale è spesso difficile discernere il sogno dalla reale possibilità. Tant’è che c’è chi, alla suddetta domanda, risponde con convinzione: “Voglio fare il super-eroe”.
In assenza di uno studio italiano basato su dati statistici comprovati, prendiamo in prestito i risultati di un sondaggio che un sito americano – dedicato alla paternità – ha condotto, quasi un anno fa, su un campione di 500 bambini tra gli 1 e i 10 anni. Ai quali è stato chiesto: “Cosa vuoi fare da grande?“. Le risposte hanno consegnato una fotografia variegata, che si muove tra la conferma di “vecchie glorie” (come l’astronauta e il dottore) e l’ingresso di nuove figure (come il videogame designer e lo chef). Non solo: lo studio ha anche messo in evidenza le diverse aspirazioni dei bambini e delle bambine, con le seconde più orientate a fare qualcosa che sia utile all’intera collettività. Ma procediamo con ordine.
Le differenze tra maschietti e femminucce
La maggior parte dei giovanissimi intervistati dagli estensori del “Fatherly Imagination Report” (confezionato nel novembre del 2015) ha risposto di voler diventare un atleta professionista. A seguire gli aspiranti dottori, che hanno avuto la meglio sulla percentuale degli indecisi piazzatisi comunque sul gradino più basso del podio.
Quarto posizionamento per gli aspiranti insegnanti, che hanno preceduto i probabili veterinari, pompieri e scienziati di domani. Mentre a chiudere la classifica (del lavoro dei sogni dei bambini degli States) sono stati gli aspiranti astronauti, gli ingegneri e i poliziotti. Il Report è però andato oltre, rilevando le differenze di genere e di età del campione americano intervistato. Cosa ne è venuto fuori? Che se i bambini sognano di fare soprattutto gli atleti, i pompieri, gli ingegneri e gli astronauti; le bambine tendono, invece, a vedersi come le dottoresse, le insegnanti, le scienziate e le cuoche che faranno la differenza in un futuro più o meno lontano. In pratica: i “maschietti” vaticinano di fare lavori più fisici, mentre le “femminucce” si immaginano impegnate in lavori di un certa rilevanza sociale.
Ad ogni età il suo lavoro dei sogni
E c’è di più: il lavoro dei sogni cambia, quasi sempre, col trascorrere del tempo. Stando ai dati raccolti dal “Fatherly Imagination Report”, la maggior parte dei bambini (e delle bambine) di età compresa tra i 3 e i 4 anni progetta di fare il super-eroe da grande. Il veterinario è, invece, il mestiere premiato dai bambini di 4-5 anni, mentre tra i 5 e i 6 anni si sogna soprattutto di diventare un dottore. Dai 6 anni in su a spopolare è, invece, la professione dell’atleta, fatta eccezione per il segmento costituito dai bambini di età compresa tra gli 8 e i 9 anni che aspirano a diventare bravi videogame designer. Fuori dalla classifica americana, ma comunque assai “gettonate”, sono poi le professioni legate al mondo dello spettacolo. Alle quali i bambini (di tutte le latitudini) guardano con grande interesse, pensando di poter diventare ricchi divertendosi. E non si trascuri la porzione (altrettanto nutrita) di giovanissimi che, posti al cospetto del fatidico interrogativo: “Cosa vuoi fare da grande?”, rispondono, senza esitazione, di voler seguire le orme di mamma e papà. Il consiglio è quello di non tarpare mai le ali a nessuno. Smorzare l’entusiasmo di un bambino che sogna di indossare la tuta di un astronauta, di battere il record mondiale di salto in alto o di trovare la cura a una malattia mortale può rivelarsi una scelta tanto cinica quanto pericolosa. Che rischia di minare l’autostima dell’individuo, sin dai primi anni di vita. Nessun progetto infantile va demolito a priori: l’importante è accompagnare i bambini lungo il percorso della graduale consapevolezza che li porterà a comprendere da soli (o con l’aiuto degli adulti) cosa è effettivamente nelle loro possibilità fare. O quanto occorra impegnarsi per trasformare il lavoro dei sogni in realtà.
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