Chi lo vorrà, potrà segnalare con un semplice click l’ingresso e l’uscita dall’ufficio. Ma niente panico: i dati personali non potranno essere violati
Timbrare il cartellino è una procedura che riguarda un numero importante di lavoratori. E che richiama alla mente il malcostume di tanti “furbetti” specializzati nell’elusione dei controlli. Ma cosa succederebbe, se un’azienda proponesse di affidare ad un dispositivo mobile la pratica di “badgiare”? Il Garante della Privacy concederebbe il suo “disco verde”? La risposta è stata consegnata, qualche giorno fa, dalla stessa Autorità, che ha detto sì alla richiesta avanzata dalle società Manpower srl e Manpower Italia srl. Che hanno chiesto il permesso di monitorare – tramite un’applicazione scaricabile sullo smartphone – la posizione di due dipendenti, assunti con contratto di somministrazione, che lavorano regolarmente fuori sede.
L’idea è quella di verificare che le risorse impiegate presso altre ditte (utilizzatrici) stiano effettivamente facendo il loro dovere. E stiano rispettando l’orario di lavoro pattuito. Come fare? Affidandosi ad un’app in grado di segnare l’orario di entrata e di uscita dei dipendenti. Sì, ma come? L’applicazione di geo-localizzazione è stata sviluppata dalla Peoplelink che ha previsto un processo di autentificazione (con tanto di username e password) al seguito del quale sarà possibile cliccare su “ingresso”, quando i lavoratori entreranno in ufficio; e su “uscita”, quando sarà tempo di spegnere i computer per tornare a casa. Alla base della richiesta avanzata dalla Manpower non c’è solo la volontà di monitorare i dipendenti che lavorano fuori sede, ma anche quella di snellire le procedure che riguardano la gestione amministrativa delle risorse assunte con contratto di somministrazione. Che, come è noto, svolgono le loro attività professionali presso aziende utilizzatrici, che hanno firmato un accordo col “somministratore”.
I paletti posti dal Garante della Privacy
Ma torniamo alla possibilità di timbrare il cartellino con un’app. Chi potrà farlo? Il Garante ha precisato che si tratterà di una scelta facoltativa, a completa discrezione del lavoratore. Che potrà continuare a “badgiare” in maniera tradizionale o scegliere di utilizzare l’applicazione scaricata sullo smartphone. Ma attenzione: la stessa Autorità ha posto degli importanti paletti a tutela della privacy dei lavoratori. L’app non potrà, infatti, trasformarsi nell’occhio indiscreto del datore di lavoro che segue il dipendente ad ogni piè sospinto e ficcanasa nei suoi affari. Ma potrà essere sfruttata tenendo conto solo ed esclusivamente del “principio di necessità”. Per essere più chiari: l’Autorità ha disposto che, una volta verificata la coincidenza tra le coordinate geografiche della sede di lavoro e la posizione del dipendente, il sistema (dopo aver preso nota dell’orario di “timbratura virtuale”) cancelli il dato che riguarda la posizione del lavoratore. A tutela della sua privacy.
Non solo: l’attivazione dell’applicazione dovrà essere segnalata con un’icona ben visibile sul display, in modo che il lavoratore possa sempre sapere di essere “controllato” a distanza. E, ca sans dire, l’applicazione a cui il Garante ha detto sì non potrà mai invadere il campo delle informazioni private. Quelle che non hanno nulla a che fare con la puntualità e il rispetto dell’orario di lavoro. L’azienda è, insomma, autorizzata a verificare la presenza della risorsa nella sede stabilita dal contratto, ma non potrà mai disporre dei dati personali che riguardano (ad esempio) il traffico telefonico, l’invio e la ricezione di sms o whatsapp, lo scambio di mail o le ricerche su Internet. L’occhio del “grande fratello” aziendale – che il dipendente (lo ricordiamo) potrà scegliere di accendere o di lasciare spento – non potrà mai violare la sua sfera privata.
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