Cade il blocco totale sui licenziamenti, avviato il 17 marzo e terminato il 17 agosto. Ora i datori di lavoro hanno la possibilità di licenziare i propri dipendenti, ma solamente quando si verificano determinate condizioni. Si parla dunque di una proroga mobile al blocco dei licenziamenti. Ecco le ultime novità e quando è possibile mandare a casa i dipendenti.
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Cade il blocco ai licenziamenti
Il blocco sui licenziamenti che era stato istituito lo scorso 17 marzo 2020 a fronte della situazione di emergenza da Coronavirus, ora cade. Questo significa che dal 18 agosto i datori di lavoro possono riprendere con i licenziamenti, mandando a casa i propri dipendenti. Il tutto al verificarsi di particolari e ben definite condizioni. Entra in gioco quella che più comunemente viene denominata la proroga mobile al blocco dei licenziamenti. Questa è connessa all’uso o meno della Cassa integrazione di emergenza oppure all’esonero contributivo fino ad un massimo di 4 mesi, con la possibilità di una proroga che può arrivare a fine anno.
Fino ad oggi il blocco sui licenziamenti aveva riguardato tutti i lavoratori, ora non è più così. Nello specifico sono tre le condizioni necessarie per procedere con i licenziamenti e la fine del rapporti di lavoro tra datori e dipendenti. A queste se ne aggiungono altre tre direttamente derivanti dall’interpretazione degli esperti nel settore.
Quando è possibile procedere con i licenziamenti
Le imprese possono procedere con i licenziamenti dei propri dipendenti ma solamente al verificarsi alcune specifiche condizioni. In particolare ci sono tre casi ufficiali, ed altri tre frutto dell’interpretazione degli esperti. In particolare si può licenziare:
- a causa della cessazione definitiva dell’attività d’impresa derivanti dalla messa in liquidazione della società;
- licenziamenti con accordo collettivo aziendale di incentivo all’esodo andando a concordare con i lavoratori una soluzione consensuale. In questo specifico caso i dipendenti mandati a casa senza lavoro hanno diritto alla Naspi;
- in caso di fallimento dell’azienda o cessazione dell’attività.
Sono queste le tre motivazioni ufficiali per cui i datori di lavoro possono procedere con i licenziamenti.
Ulteriori fattori che possono portare al licenziamento
Oltre alle tre condizioni ufficiali riconosciute nel testo del decreto agosto, si può procedere con i licenziamenti anche al verificarsi di altre condizioni riconosciute dagli esperti. Nello specifico si potrebbero licenziare i dipendenti:
- al termine della fruizione della Cassa integrazione, ossia alla fine delle 18 settimane previste. Tuttavia nel caso in cui il datore di lavoro rinuncia alla Cig optando per l’esonero contributivo fino a 4 mesi, non può licenziare fino alla fine di tutto l’esonero previsto.
- Si può licenziare nel caso in cui l’azienda non può sospendere i lavoratori o ridurre l’orario di lavoro, optando per la chiusura di determinati reparti e settori dell’azienda stessa.
- Concesso riprendere i licenziamenti collettivi avviati intorno il 23 febbraio 2020 non connessi all’emergenza Covid.
Si tratta tuttavia di casi che devono essere ancora accertati e studiati nei dettagli, in quanto presentano ancora diversi nodi da dover sciogliere.
La pandemia da Coronavirus non si arresta e sta interessando il mondo intero. I contagi sembrano non voler diminuire, data l’estrema facilità con cui si verificano e passano da un soggetto ad un’altro. Così, dopo il periodo di lockdown che ha caratterizzato l’Italia ma anche altri Paesi nel mondo, si guarda ora ad una lenta ripresa economica. Sicuramente la missione non sarà facile e richiederà tanto tempo ed attenzione da parte di tutti. Non è da escludere una seconda ondata di nuovi e consistenti contagi, che potrebbero avere delle ripercussioni anche sulla fragile e delicata realtà economica che caratterizza i giorni nostri. Così tra decreti vari e misure a sostegno delle imprese, dei lavoratori, degli enti e delle famiglie, si cerca di andare avanti e di guardare con fiducia al futuro.
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