Essere umili vuol dire non ritenersi superiori agli altri e avere piena consapevolezza dei propri limiti. L’umiltà è una dote importantissima, che troppo spesso viene però sottostimata, soprattutto al lavoro, dove si tende a pensare che una persona umile sia, in definitiva, una persona debole. Ma è davvero così? Assolutamente no. Mostrare un po’ di umiltà, anche quando si è alla plancia di comando, può fare la differenza, specie se il nostro lato narcisistico tende a prendere il sopravvento su tutto, rischiando di farci fare la figura dei classici “palloni gonfiati”. Sia ben chiaro: chi ha la responsabilità di guidare un’azienda non può restarsene nell’angolino e lasciare che le cose procedano da sé, ma se saprà riconoscere e valorizzare l’importanza dell’umiltà, non potrà che ricavarne grandi vantaggi. Cerchiamo di approfondire meglio la questione.
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L’umiltà al lavoro: i risultati di una ricerca americana
Siamo abituati a celebrare figure professionali che dimostrano una certa sicumera e ci aspettiamo che un leader degno di considerazione abbia un ego particolarmente sviluppato. Ma chi lo ha detto che, per vincere negli affari, occorre avere la faccia tosta e non dubitare mai di sé. Lo stereotipo del manager di successo che, per dare prova delle sua forza, non deve mai mostrare segni di cedimento andrebbe messo in cantina per permettere una lettura più aderente alla realtà che risulta più articolata e sfaccettata di come si tende a rappresentarla. Avere carisma è sicuramente un punto che può giocare a favore delle persone che aspirano a ricoprire ruoli dirigenziali, ma non si sottovaluti l’importanza di coltivare l’umiltà. Che – stando ai risultati di uno studio condotto dalla Hogan Assessments – non gode però di grande considerazione nei contesti lavorativi. Ecco cosa ha messo in risalto l’indagine:
- le persone umili non vengono percepite come particolarmente audaci perché non si sopravvalutano e non vanno in giro a parlare delle loro abilità;
- le persone umili non vengono solitamente percepite come soggetti forti (o autorevoli) perché sono più interessate a far crescere l’azienda per cui lavorano che a far avanzare la loro carriera. Raggiungere il successo personale non è la loro priorità e questo, per la maggior parte della gente, è un tratto di debolezza;
- le persone umili non risultano particolarmente spensierate perché dimostrano di avere una mente aperta, che le porta ad essere ricettive e ad accogliere le considerazioni e le critiche degli altri;
- le persone umili non risultano particolarmente stimate (o apprezzate) perché la loro riservatezza, unita alla tendenza a dare scarsa importanza alla fama, le confina in una zona d’ombra dove si fa fatica a notarle. Non attraggono l’attenzione su di loro e per questo vengono spesso percepite come risorse poco efficaci.
Il quadro tracciato dall’indagine condotta in America dimostra che, quella dell’umiltà, non è una dote particolarmente riconosciuta nel contesto lavorativo. Eppure bisognerebbe destinarle ben altra considerazione perché può, in alcuni casi, contenere l’esuberanza di certi comportamenti che rischiano di costare cari alle aziende. “L’umiltà – hanno notato gli esperti della Hogan Assessments – è l’abilità di controbilanciare gli effetti potenzialmente dannosi del narcisismo e può produrre risultati positivi per l’azienda. Questo lascia intendere che gli individui dal tratto fortemente narcisistico possono essere dei bravi leader, a patto che vengano percepiti anche come sufficientemente umili”.
Sfatiamo i miti
Non bisogna cadere nell’inganno di credere che un capo umile non possa essere un bravo leader, capace di elaborare strategie vincenti e di portare a casa risultati importanti. Chi non dà prova del suo carisma e non sente il bisogno di attirare costantemente l’attenzione di chi gli sta intorno su di sé non è necessariamente un perdente. Anzi: i capi superbi, eccessivamente convinti dei loro mezzi e delle loro capacità, tendono a porsi su un piedistallo da cui fanno fatica a scendere e, sopraffatti dalla loro naturale propensione ad auto-celebrarsi, possono farsi il vuoto intorno. “Il carisma può essere un’arma a doppio taglio – hanno evidenziato alcuni analisti – Se ne hai poco, sarà difficile per te convincere la gente a sostenere la tua visione, ma se ne hai troppo, i membri del tuo staff non si sentiranno abbastanza considerati e coinvolti“.
5 consigli per governare la superbia e coltivare l’umiltà
Da qui la necessità di ricorrere alla giusta dose di umiltà che può “togliere dagli impicci” certi manager superbi che rischiano di rimanere strozzati dalla loro malsana tendenza ad auto-compiacersi troppo. Ecco i consigli messi in fila da Undercover Recruiter per coltivare l’umiltà al lavoro:
- Punta i riflettori sugli altri. Fai lo sforzo immane di metterti ogni tanto da parte e di cedere la scena agli altri, riconoscendone i meriti e le capacità.
- Lavora sull’auto-consapevolezza. Anziché stare sempre a ricordarti quanto sei bravo (non è per niente elegante), cerca di capire quali sono i tuoi limiti e sforzati di ammettere che anche tu, come tutti, commetti degli errori.
- Sii aperto alle opinioni degli altri. Inizia a valutare l’eventualità che le tue non sono le uniche idee brillanti in circolazione e che il tuo modo di lavorare non è l’unico possibile. Mostrati aperto alle considerazioni degli altri e impara ad incassare anche qualche critica.
- Non pretendere. Lavora sodo per conquistarti il rispetto e la considerazione dei colleghi e non convincerti che ti siano dovuti.
- Tieni sottocchio i tuoi comportamenti. Concentrati su ciò che fa bene all’azienda e non su ciò che può aiutarti a “coccolare” il tuo ego che rischia di crescere a dismisura. Solo se terrai a bada la tua naturale propensione ad auto-compiacerti e farai un bagno di umiltà, potrai sperare di diventare veramente grande.
L’umiltà non è sintomo di debolezza, ma di intelligenza
Non cedere alle lusinghe di chi ti sta intorno (alcuni collaboratori si sperticano in complimenti solo perché sperano di ricavarne qualche vantaggio) e impara a riconoscere l’importanza dell’umiltà che non è affatto un sintomo di debolezza, ma semmai di intelligenza. “Non maledire un fallimento. E’ il terreno dove vive l’umiltà”, sostiene l’autrice egiziana, Yasmin Mogahed. E dove può prosperare la voglia di crescere con gli altri e di contribuire allo sviluppo dell’azienda per cui lavori, senza pretendere encomi e riconoscimenti chiassosi in cambio.
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