Pendolari, ma a che condizioni? Quanto sono disponibili a spostarsi gli italiani per lavorare: I fattori che influenzano la decisione finale e come si comportano le aziende
Ogni giorno milioni di persone in tutta Italia si spostano da un luogo all’altro per raggiungere il posto di lavoro. I motivi che spingono un individuo a non trasferirsi nella città in cui ha sede la propria azienda possono variare da caso a caso ma, come dimostra un’analisi condotta in collaborazione tra Euspert e l’Agenzia per il Lavoro Atempo, vi sono dei fattori più incisivi degli altri. Questi dati col tempo hanno finito con l’influenzare il mercato del lavoro, l’andamento delle assunzioni e le decisioni prese da imprese e professionisti.
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Pendolari, ma a che condizioni?
Pendolari per lavoro, questa è ormai una condizione che accomuna molti lavoratori in Italia. Sono sempre più numerose le persone che tutti i giorni fanno avanti e indietro dal lavoro, sfruttando i collegamenti dei mezzi pubblici e/o affidandosi ai mezzi di trasporto personali – privati. Il fenomeno diffuso, come accennato sopra, ha finito inevitabilmente con l’influenzare il mercato del lavoro, condizionando – dati alla mano – i processi di selezione del personale, le decisioni dei datori di lavoro e le scelte fatte dai professionisti.
La domanda che tutti si fanno, sia lavoratori che aziende, è la seguente: ne vale la pena? A fronte dei costi relativi agli spostamenti, lo stipendio erogato, il tempo impiegato per raggiungere il posto del lavoro e le condizioni contrattuali proposte (orari più o meno flessibili, fasce di reperibilità, mansioni svolte etc.), una decisione intelligente può arrivare solo dopo un’attenta analisi costi – benefici, valutando di volta in volta vantaggi e svantaggi della decisione presa.
Quanto sono disponibili a spostarsi gli italiani per lavorare
La ricerca svolta da Euspert e Atempo ci conferma oggi che a tenere conto dei pro e dei contro di questo tipo di decisioni siano sia i lavoratori che le aziende. Stando a quanto emerso, solo il verificarsi di specifiche condizioni spinge una persona ad accettare un lavoro che lo porterà ad essere un pendolare, così come vi sono dei mestieri per i quali le aziende escludono spesso a priori chi risiede oltre una certa distanza dalla sede operativa centrale.
Ma quanto sono disponibili a spostarsi gli italiani per lavorare? Quello che è venuto fuori dall’analisi dei dati è che la disponibilità allo spostamento dipende essenzialmente dallo stipendio. Più è alto più un professionista è disposto a fare la vita da pendolare. Sotto una certa cifra, invece, i lavori distanti da casa vengono rifiutati a priori e le aziende – probabilmente consapevoli di questo – rifiutano direttamente le candidature.
Analisi dei dati
L’indagine Euspert – Atempo si è basata sull’analisi delle offerte di lavoro, le risposte alle candidature, le assunzioni fatte a seguito dei colloqui e le interviste dirette che hanno fatto in seguito ad una prima analisi dei curriculum e al primo contatto del datore di lavoro. A partire da queste considerazioni, allora, è emerso che:
- per uno stipendio minore o uguale a 1.300 euro mensili il 90% delle persone prese in considerazione è disposto a spostarsi e a condurre la vita da pendolare solo se per distanze non superiori a 10 km. Per lo stesso stipendio e per distanze comprese tra i 10 e i 30 km la soglia dei lavoratori disposti a spostarsi scende al 10%, mentre superati i 30 km (entro e/o oltre i 50 km) nessuno è disposto diventare un pendolare per lavoro;
- per uno stipendio minore o uguale a 1.500 euro mensili il 70% delle persone prese in esame è disposto ad accettare un lavoro entro i 10 km di distanza. La percentuale scende a 25% entro i 30 km di distanza e al 5% entro i 50 km di distanza (mentre si azzera oltre);
- per uno stipendio minore o uguale a 1.750 euro mensili entro i 10 km di distanza il 50% delle persone prese in considerazione è disposto a spostarsi per lavoro, la percentuale scende a 30% entro i 30 km e al 20% entro i 50 km, per poi azzerarsi superati i 50 km di distanza;
- per uno stipendio superiore ai 1.750 euro mensili, in fine, entro i 10 km di distanza sono disposti a fare i pendolari solo il 30% delle persone in esame, la percentuale si mantiene invece intorno al 35 – 25 % per le distanze comprese entro i 30 e i 50 km, mentre la stessa scende al 10% una volta superati i 50 km di distanza.
Nell’analizzare i dati della ricerca si è tenuto conto anche della componente geografica, ovvero della regione di residenza dei lavoratori, e quello che è venuto fuori è che vi sono delle regioni in cui le persone sono più disposti a fare i pendolari. La Lombardia è per esempio la regione nella quale i lavoratori sono più disponibili a fare avanti-indietro per lavoro. A seguire, sul podio, troviamo Piemonte e Lazio. Efficienza dei mezzi pubblici e stile di vita, sicuramente, hanno contribuito a creare questa situazione e ad attribuire alle regioni citate questo particolare primato.
Tenendo conto di ogni lavoratore, oltre che della sua provenienza geografica e/o residenza, analizzando singolarmente ogni caso è possibile individuare invece quelli che, insieme allo stipendio e alla distanza, sono i fattori che più influenzano la decisione finale in questi casi. La vita da pendolare può essere abbracciata con più o meno entusiasmo a seconda dei casi e, sopratutto, a seconda degli interessi in gioco (che spesso oltre che privati e personali sono anche di tipo economico). Vi sono delle situazioni in cui il lavoratore è in grado di capire perfettamente da solo quando il gioco non ne vale la candela. Non solo una questione di soldi, ma anche stress, tempo trascorso a lavoro e tempo impiegato sui mezzi sono varianti di cui i pendolari tengono conto quando si trovano nella posizione di dover decidere se accettare o meno un’offerta di lavoro.
I fattori che influenzano la decisione finale
Che ad influenzare la scelta di diventare o meno pendolari concorrano oggi diversi fattori lo confermano anche i dati dell’analisi effettuata da Euspert e Atempo. Stipendio percepito e distanze, come abbiamo visto, sono gli elementi che più pesano sulla scelta finale. I motivi, ovviamene, sono facili da capire. È ovvio che chi guadagna ad esempio 1.200 euro farà più fatica a coprire distanze lunghe rispetto a chi ne guadagna 1.800 euro. Gli spostamenti, sia in auto che con i mezzi pubblici, hanno dei costi e chi guadagna meno di 1.300 euro al mese ci rimetterebbe troppo in termini economici. Più salgono gli stipendi, dunque, è più la gente è propensa ad lavorare come pendolare comprendo ampie distanze.
Bisogna dire, inoltre, che un ruolo cruciale giocano nell’analisi costi – benefici i mezzi di trasporto e il tipo di lavoro per cui ci si candida o si viene scelti. Nel primo caso, quando i mezzi pubblici non coprono bene o in maniera efficiente il tragitto casa – lavoro e quando non si riesce a raggiungere facilmente l’azienda (perché magari non si possiede un auto o un mezzo proprio), il lavoratore è più propenso a non accettare l’impiego. Per ovvi motivi sono più disponibili coloro che possono usufruire di mezzi pubblici molto comodi ed economici, mentre meno disponibili coloro che in zone trafficate devono usare l’auto.
Per quanto riguarda l’offerta di lavoro in sé, in fine, anche il tipo di mansione può influire positivamente o negativamente sulla decisione di accettare di diventare un pendolare per via del lavoro. Come ha dimostrato la ricerca, a tal proposito, sono maggiormente disponibili a diventare pendolari i lavoratori che hanno orari flessibili, mentre lo sono meno quelli che devono “timbrare” ad un orario ben preciso (e quindi sono magari costretti ad una corsa contro il tempo per poter arrivare puntuali tutte le mattine).
È ovvio che disponibilità dei mezzi e tipo di lavoro in questo caso sembrano essere la faccia della stessa medaglia. Una persona che deve arrivare puntuale a lavoro si sentirà scoraggiata a rifiutare un impiego presso una sede difficile da raggiungere (perché per esempio le coincidenze dei treni e autobus non coincidono o perché la distanza è troppo lunga per arrivare in tempo e riposare adeguatamente). Chi inoltre, solo per una questione di prezzo, vuole evitare di prendere la macchina, è più probabile che non accetterà un lavoro dove sarà costretto a ricorrere al proprio mezzo di trasporto per arrivare in orario tutte le mattine.
Pur trattandosi di considerazioni spesso personali, che variano da soggetto a soggetto (o per meglio dire da pendolare a pendolare), i numeri di questo studio ci permettono di avere un quadro chiaro della situazione attuale.
Come si comportano le aziende nei confronti dei pendolari
Fino ad ora l’argomento è stato affrontato esaminando principalmente il punto di vista dei lavoratori pendolari. I dati dell’analisi condotta in collaborazione tra Euspert e Atempo, però, hanno coinvolto aziende clienti e lavoratori, cercando di fare una panoramica delle due diverse realtà, grazie anche a quanto emerso dall’analisi dei movimenti sui canali social e i portali che raccolgono annunci di lavoro e candidature.
Soffermandoci nello specifico sulle imprese, il dato interessante che è emerso è che anche i datori di lavoro sono influenzati dalla distanza quando devono decidere se assumere o meno una persona. Le loro considerazioni su quanto sia opportuno o meno offrire un lavoro ad un pendolare, però, partono già al momento dello screening dei CV. Capita infatti, molto più spesso di quanto si possa immaginare, che un lavoratore non residente nella stessa zona (o nella stessa regione) venga scartato a priori da un’azienda per via della distanza dal posto di lavoro.
Una specificazione, anche in questo caso, va fatta per quanto riguarda il tipo di offerta di lavoro e, quindi, la posizione aperta in azienda. Dalla ricerca, in particolare, è emerso che il 70% dei datori di lavoro preferisce personale non pendolare per le mansioni operaie ed impiegatizie base, percentuale questa che scende al 40% per personale di concetto e quadri. È probabile che chi assume, sapendo già quali potrebbero essere le risposte dei candidati, decida fin da subito di non convocare una persona oltre una certa distanza per una questione di tempo, di soldi e, in generale, di risparmio delle risorse.
Dichiarazioni di Atempo ed Euspert
“Non è sempre facile conciliare vita personale e lavoro, specialmente per chi ha famiglia e figli. Ed il tempo di percorrenza per raggiungere il posto di lavoro è un fattore in gioco molto importante. Riuscire a stabilire un equilibrio tra tempi di spostamento, costi dei trasporti e qualità del lavoro è una valutazione delicata per il lavoratore, che impatta ovviamente anche sull’azienda“. A parlare è Lorenzo Nincheri di Atempo, che continua: “Noi come Agenzia per il Lavoro riusciamo quasi sempre ad avere un quadro della situazione chiaro nelle zone nelle quali sono presenti le nostre filiali. Sappiamo come funzionano i mezzi pubblici, i tempi di percorrenza in auto considerando anche le ore di punta ed ovviamente abbiamo uno storico di dati per comprendere quali sono i comportamenti e le scelte di aziende e dipendenti nelle varie situazioni, sia nel breve periodo che nel medio e lungo periodo. Questo fa si che le nostre filiali possano spesso fare una “consulenza” e mediazione tra aziende clienti e potenziali lavoratori. Come? A volte consigliando alle aziende un rimborso spese aggiuntivo per accaparrarsi i migliori candidati (che non rinuncino quindi per le spese di spostamento) ma anche studiando le migliori soluzioni come orari e trasporti per poter consigliare ambo le parti. A volte abbiamo consigliato orari flessibili e smart working ad aziende che non avevano mai usato queste soluzioni ed è stato molto apprezzato”.
Marco Fattizzo, founder di Euspert chiude con un consiglio: “Potendo scegliere, consiglio sempre i mezzi pubblici piuttosto che guidare l’auto. In primis per una questione di risparmio economico e di ecologia. Ma anche perché il mezzo pubblico da l’opportunità di sfruttare il “tempo morto” dello spostamento in svariati modi, ad esempio studiando una lingua straniera con un APP dello smartphone, leggendo libri di crescita personale, studiando materiale lavorativo urgente ed anche socializzando e facendo networking con altri pendolari“.