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Prestazione professionale, il pagamento si dimostra anche con l’assegno postdatato. La sentenza della Cassazione

L’assegno postdatato è strumento utile per poter dimostrare il pagamento della prestazione professionale del lavoratore. Ecco la sentenza della Corte di Cassazione

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Stando all’ordinanza n. 10322/2020 da parte della Corte di Cassazione, anche l’assegno postdatato può essere considerato uno strumento utile per poter dimostrare la prestazione effettuata dal professionista, e l’avvenuto pagamento per le sue mansioni, considerato che anche se datato in giorno successivo a quello in cui viene emesso, l’assegno non perde la sua qualità di titolo di credito. Ne deriva che – proseguono ancora i giudici della Suprema Corte – gli atti estintivi dei debiti, effettuati con l’assegno postdatato, non è sono mezzi “anormali” di pagamento. Cerchiamo dunque di comprende come si sia arrivati a tale posizione da parte degli Ermellini, ricostruendo brevemente il caso all’esame della corte.

Pagamento con assegno postdatato

assegno

Il caso trae origine dalle mosse dell’erede di un libero professionista, che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo verso gli imprenditori, al fine di ottenere il pagamento di un compenso per l’effettuazione di un’attività professionale svolta dal lavoratore dante causa. Di contro, gli imprenditori sostenevano che la prestazione svolta dal lavoratore sarebbe stata regolarmente remunerata mediante alcuni assegni bancari.

Il decreto ingiuntivo veniva così revocato dai giudici di merito, che non hanno ritenuto sufficiente, per poter provare il credito del professionista, la presentazione di una parcella vistata dall’ordine professionale, considerato ciò che rileverebbe esclusivamente in rapporto all’opinione di congruità della prestazione stessa.

In aggiunta a ciò, gli imprenditori avevano mostrato come prova del pagamento avvenuto, la presenza di nove assegni bancari che, però, secondo il ricorrente non avrebbero alcun valore probatorio, essendo alcuni di questi recanti una data successiva a quella di emissione.

L’onere della prova

Esaminando il caso alla propria attenzione, i giudici della Suprema Corte ricordano come, se il debitore ha dimostrato di avere corrisposto degli importi sufficienti a estinguere la posizione passiva per la quale sia stato convenuto in giudizio, allora spetta sul creditore/attore l’onere della prova, ovvero dimostrare la sussistenza di più debiti scaduti del convenuto, e la presenza dei presupposti per l’applicazione di uno dei criteri sussidiari di imputazione ex art. 1193 c.c.

Nella fattispecie in esame, è stato sottolineato come i giudici territoriali abbiano verificato che gli imprenditori hanno provato l’aver consegnato i titoli di credito in favore del professionista, e che il professionista non ha invece dimostrato che tali titoli siano o meno riferiti a compensi su prestazioni svolte dallo stesso.

Assegno postdatato come mezzo di pagamento

Quindi, i giudici della Suprema Corte arrivano a commentare la natura dell’assegno postdatato come mezzo di pagamento. Per gli Ermellini, infatti, è stata effettuata una corretta applicazione sia delle regole di imputazione del pagamento, sia del principio dell’onere della prova, come sopra brevemente riassunto.

Per i giudici della Corte di Cassazione, infatti, una volta che ha deduzione la chiusura della posizione passiva, mediante la produzione dei titoli di credito, è onere del creditore dimostrare che i titoli di credito siano relazionabili ad altre prestazioni, sia dei criteri di imputazione dei pagamenti stessi.

Per la Suprema Corte, insomma, non rileva affatto che i titoli di credito fossero postdatati, considerato che anche gli assegni che riportano una data successiva a quella di effettiva emissione, non perdono la propria qualità di mezzo di pagamento, almeno nella loro capacità di essere equivalenti al denaro. Pertanto, gli atti che estinuono le passività, pur effettuati con titoli di credito postdatati, non sono definiti dalla Corte di Cassazione come “mezzi anormali di pagamento”.

Di qui, le conclusioni che i giudici riportano nelle loro motivazioni, sottolineando come, anche l’assegno postdatato, possa ben essere fruito per poter dimostrare in sede di giudizio l’avvenuto regolamentato delle prestazioni del professionista per la propria attività svolta nei confronti del committente, visto e considerato che tale titolo non perderebbe le sue caratteristiche proprie.

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