Tra i provvedimenti anti-crisi del Governo c’è anche quello che proroga il blocco degli adeguamenti degli stipendi (compresi gli scatti di carriera) ai dipendenti statali fino al 31-12-2014. Di fatto, quindi, se ne parlerà dal 2015 in poi. Se è vero che gli statali usufruiscono di una garanzia del posto di lavoro maggiore rispetto a chi opera nel settore privato, è anche vero che questo non è il primo blocco delle retribuzioni ai danni del settore pubblico. Analoghe iniziative erano state prese dai governi Berlusconi e Monti. La proroga approvata dal Consiglio dei Ministri dell’esecutivo di Letta prolunga il periodo di non adeguamento retributivo fino alla fine del 2014. La conseguenza, hanno spiegato i sindacati di categoria, è un potere d’acquisto in costante calo.
Secondo Anief-Confedir da qui alla fine dell’anno prossimo, la perdita economica varierà tra i 6-7 mila euro ed i 60 mila, a seconda delle categorie coinvolte. Grazie al suddetto blocco, lo Stato italiano ha già risparmiato negli ultimi due anni oltre 6 miliardi di euro, ma a quanto pare non sono bastati a far rientrare l’emergenza. In alcuni settori adeguamenti e rinnovi di contratto sono fermi da diversi anni. L’immobilismo retributivo ha colpito anche i dirigenti, in particolare quelli del Servizio Sanitario Nazionale, i quali, ha ricordato il sindacato Anaao-Assomed, per bocca del suo segretario Costantino Troise “hanno i contratti bloccati dal 2009”.
In ogni caso, sostanzialmente tutte le rappresentanze (scuola, sanità, sicurezza) hanno annunciato di voler dare battaglia da settembre (se l’esecutivo in carica non porrà rimedio), scagliandosi chi con toni più accesi, chi più pacatamente, contro la proroga dei mancati adeguamenti decisa in queste ore. Un provvedimento quest’ultimo, che rientra nel programma di spending review, vale a dire quel tentativo di contenere il più possibile la spesa pubblica italiana, giunta a livelli per niente trascurabili.
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