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Cambiare lavoro: cinque domande per capire se ne vale la pena

Essere prudenti non significa necessariamente essere rinunciatari. La scelta va ponderata per bene, tenendo conto di tutta una serie di fattori

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Dell’argomento ci siamo occupati più volte marcando l’accento sull’importanza di concedersi una seconda chance, a dispetto dei pronostici negativi degli altri. Cambiare lavoro non è certo una passeggiata (specie quando non si è più troppo giovani), ma lasciarsi vincere dalla paura potrebbe rivelarsi una mossa quanto mai infelice. Ogni cambiamento reca in sé l’insidia dell’insuccesso: chi sta prendendo in considerazione l’idea di voltare pagina deve mettere in conto la possibilità di “scivolare” più o meno rovinosamente. E ponderare con attenzione ogni cosa. Sia ben chiaro: non vogliamo scoraggiare nessuno. Soltanto chi avrà l’ardire di provare potrà porre fine alle sue “pene”. Ma prima di lanciarsi nel vuoto, è meglio fermarsi un attimo e porsi qualche semplice interrogativo. Per capire se cambiare lavoro a 40/50 anni è veramente la cosa migliore da fare. O la più necessaria.

Indice

Come cambiare lavoro senza rischiare troppo

cambiare lavoro

Lasciare il certo per l’incerto è questione che, dalla notte dei tempi, anima grandi discussioni. E divide il mondo tra coloro che sostengono che avventurarsi lungo sentieri nuovi sia un’esperienza che valga sempre la pena fare e coloro che, al contrario, considerano irragionevole modificare abitudini e stili di vita che – molto spesso – coinvolgono anche altre persone. Essere prudenti e razionali non significa necessariamente essere rinunciatari. Una lucida valutazione della situazione potrebbe, infatti, convincerci che il passo che stavamo progettando di compiere non sia poi così necessario. Rispondere a qualche semplice domanda potrà aiutarci a diradare le nebbie.

Quanto ancora devo studiare? 

Se abbiamo già spento la quarantesima candelina, l’idea di ritornare sui libri potrebbe crearci qualche problema. Cambiare lavoro significa, qualche volta, cambiare completamente ambito di azione: le competenze acquisite negli anni precedenti possono, in questo caso, rivelarsi poco utili o niente affatto spendibili. Cosa fare? Siamo davvero disposti a rimetterci a studiare o a frequentare corsi di formazione professionale? Abbiamo ancora le energie e la voglia necessarie per ripartire da capo?

Me lo posso permettere? 

Potrà sembrare la più cinica delle considerazioni, ma cambiare lavoro implica, quasi sempre, un costo economico alto. Se stiamo pensando di candidarci a una nuova posizione, dovremo adoperarci per arrivare preparati al colloquio di lavoro. E dunque studiare per evitare di fare un buco nell’acqua. Si tratta di un impegno che potrebbe prenderci non poco tempo e condizionare la nostra attuale attività. Possiamo permettercelo? Abbiamo le disponibilità economiche per farlo? E non si trascuri il fatto che il nuovo impiego potrebbe farci guadagnare di meno. Assodato che non è il denaro a fare la felicità di un uomo, possiamo davvero correre il rischio di portare a casa uno stipendio più basso?

Ho il sostegno della mia famiglia? 

E’ una delle questioni più difficili da risolvere. La decisione di cambiare registro (al lavoro e nella vita in generale) spetta, in definitiva, solo a noi, ma il supporto delle persone che ci stanno accanto può fare la differenza. Se abbiamo un marito (o una moglie), dei figli e un mutuo da pagare, la scelta potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Perché, a conti fatti, non potrà non impattare anche sulle loro vite. Per essere più chiari: i nostri familiari sono disposti a stringere la cinghia in questo periodo di passaggio? Accetteranno di rinunciare a qualcosa finché la nostra situazione lavorativa non si assesti nuovamente?

Quanto tempo dovrò aspettare prima di affermarmi? 

Bisogna guardare in prospettiva e valutare le possibilità di crescita professionale a lungo termine. Se decidiamo di lasciare il vecchio per il nuovo, dobbiamo darci delle scadenze di massima e capire se i risultati che vogliamo centrare necessitano di tempi troppo lunghi. L’esperienza maturata negli anni precedenti dovrebbe, di norma, accrescere le nostre possibilità di fare carriera più in fretta, ma potrebbe anche non essere così. E se il nuovo lavoro ci costringesse a fare una gavetta infinita? E se arrivassimo a raggiungere i risultati che ci eravamo prefissati solo alla soglia del pensionamento? Ne vale veramente la pena?

Voglio davvero lasciare il mio lavoro? 

E’ la domanda delle domande, quella da cui non si può prescindere. Se abbiamo preso in considerazione l’idea di rimetterci in gioco è perché, evidentemente, non ci piace più quello che facciamo. Ma la situazione è davvero così compromessa? Le decisioni (anche quelle più importanti) possono essere prese sull’onda di emozioni o sensazioni passeggere: ecco perché, prima di presentare la lettera di dimissioni al capo, dovremo domandarci se vogliamo davvero abbandonare la nave. Uno screzio col collega o un insuccesso particolarmente cocente potrebbero indurci a pensare che non siamo più disposti a restare nell’ufficio in cui abbiamo trascorso buona parte delle nostre giornate. Ma è davvero così? Prima di lanciarci in una nuova impresa, cerchiamo di capire se è possibile operare dei cambiamenti nel nostro attuale impiego. E se possono bastare a farci recuperare l’entusiasmo di un tempo.

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