Le nuove disposizioni in materia di Coronavirus: chiusura delle attività commerciali non essenziali mentre le fabbriche continuano a lavorare
Nuove disposizioni per quanto riguarda la situazione Coronavirus in Italia. Il nostro Paese si ferma, con la chiusura di tutte le attività commerciali non essenziali, il tutto per cercare di limitare i contagi diffusi da Nord a Sud. A parlare è lo stesso Premier Conte, che ieri sera ha reso note le nuove disposizioni entrate in vigore questa mattina su tutto il territorio nazionale.
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Ieri sera sono arrivate le nuove disposizioni del Governo nella lotta al Coronavirus. Per limitare al massimo i contagi, il Premier Conte, in accordo con tutti gli altri ministri ha deciso di procedere con delle misure ancor più restrittive, ossia la chiusura di tutte le attività commerciali non essenziali. La nuova misura è entrata in vigore questa mattina, con validità fino al 25 marzo. Le fabbriche invece, continueranno a lavorare su tutto il territorio nazionale, rispettando le norme di sicurezza contro il propagarsi del virus. La stessa Confindustria ribadisce che bisogna andare avanti con la produzione per evitare il baratro. Ovviamente saranno adottate tutte le misure preventive necessarie per contrastare la diffusione dei contagi. I sindacati non tardano a manifestare il loro completo dissenso: “inaccettabile l’autodeterminazione degli imprenditori”, che possono decidere in piena autonomia chi può lavorare e chi no.
Cerchiamo di fare chiarezza su cosa resterà chiuso. Come accennato, stop alle attività commerciali non essenziali come:
- chiusura dei mercati su strada;
- chiudono i servizi di mensa che non sono un grado di rispettare le distanze di sicurezza tra la gente;
- bar, pub e ristoranti;
- chiudono i reparti all’interno delle fabbriche, non indispensabili per la produzione stessa;
- restano chiusi musei, cinema, teatri scuole, università e settore culturale fino al 3 aprile.
Le nuove disposizioni: ecco cosa resta aperto
Le attività che forniscono beni e servizi indispensabili resteranno aperte continuando la loro normale attività. In particolare ci riferiamo a:
- tutte le attività commerciali che erogano beni di prima necessita, come: alimentari, farmacie, parafarmacie, tabacchi ed edicole;
- aperti i punti di ristoro sulle autostrade, negli ospedali, aeroporti e stazioni ferroviarie;
- la ristorazione con consegna a domicilio, rispettando le norme di carattere igienico-sanitarie;
- servizi bancari, finanziari ed assicurativi;
- le pompe di benzina, gli idraulici e meccanici;
- aperta anche l’attività di agricola, di zootecnico e trasformazione agroalimentare;
- le industrie e le fabbriche con l’obbligo di applicare tutte le misure di prevenzione e di sicurezza previste.
Il governatore della regione Lombardia, Attilio Fontana, aveva esplicitamente richiesto al Governo la chiusura di tutte le attività commerciali, come forma di prevenzione al Coronavirus. Per quanto riguarda le imprese e le fabbriche, la scelta su come comportarsi resta agli imprenditori. Secondo Confindustria, ad oggi le fabbriche sono il luogo più sicuro, in quanto hanno subito applicato le direttive per contrastare la diffusione del virus, andando a ridurre il più possibile le varie occasioni di contatto tra i dipendenti e gli operai. Inoltre, sempre Confindustria sostiene che c’è bisogno di continuare a produrre, il tutto per evitare un collasso totale dell’economia e per garantire alla popolazione anche i beni di prima necessità. Una posizione che non ha convinto tutti, in particolare i sindacati dei lavoratori, che si discostano da questo pensiero.
Il punto di vista dei sindacati dei lavoratori
I sindacati dei lavoratori, Cgil, Cisl e Uil manifestano il loro dissenso sulla decisione, relativamente la continuazione dell’attività produttiva delle fabbriche. Infatti, i sindacati sostengono l’inaccettabilità dell’autodeterminazione da parte di Confindustria, di scegliere chi può chiudere e chi deve continuare a lavorare. Questo proprio perché ci troviamo in una situazione di emergenza sanitaria dove tutti i lavoratori sono da tutelare. Pur sapendo che ci sono dei settori produttivi essenziali, la questione resta comunque molto delicata. A livello locale così come a livello nazionale, bisogna incentivare lo smart working, ridurre la produzione ricorrendo a misure come: la cassa integrazione, le ferie, e scaglionare bene il personale che accede agli spogliatoi o alle aree di ritrovo presenti in ogni fabbrica. Insomma bisogna fare davvero tanta attenzione se vogliamo uscire al più presto da questa situazione di emergenza sanitaria ma anche economica.
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