A chi non capita di viaggiare in autostrada? Non è raro imbattersi in quei cartelloni elettronici che segnalano le info sul traffico. Talvolta quei pannelli luminosi riportano invece una scritta a cui quasi mai nessuno fa caso: “Uomini in strada”. L’avviso segnala la presenza dei lavoratori delle strade, quelli che aggiustano le buche, rifanno l’asfalto, rinnovano i cartelli stradali e fanno mille altre cose di cui chiunque guida (in autostrada o no) usufruisce senza minimamente accorgersene. Capita che i loro lavori, a causa del fatto di essere rilevanti, generino code anche chilometriche, così quegli operai rischiano di restare vittime di improperi ingiustificati dovuti al nervosismo degli autisti, come se decidessero loro cosa fare e quando farlo. Quando ci si imbatte nel cartello “Lavori in corso”, che indica un cantiere stradale, sarebbe bello dedicare un pensiero a chi in quel cantiere ci passa la sua vita professionale.
Bisogna pensare che quello lì è un lavoro per pochi e con uno stipendio che certo non compensa del tutto la fatica. Gli “Uomini in strada” ci sono sempre, con 40 gradi all’ombra, anche se di ombra loro non ne vedono, o con meno sette, con la pioggia, il vento, la neve, in mezzo all’inquinamento delle auto, di notte, sempre. Fanno un mestiere che in pochi vogliono fare e che però ha un’utilità fondamentale per la viabilità generale, viabilità di cui però quasi nessuno si accorge.
Possono essere dipendenti pubblici o operai di aziende private che collaborano con il pubblico, si muovono quasi sempre su furgoncini non del tutto nuovi, carichi di ogni “ben di Dio”, dal punto di vista della manutenzione. Sono quelli che vediamo mettere giù i “birilli” (i segnalatori a cono bianchi e rossi) anche per qualche km di fila, con un operaio nel cassone del furgoncino che metodicamente li piazza a distanza fissa. E sono gli stessi che fanno anche l’operazione contraria, ritirandoli una volta finito il cantiere. Nel mezzo, appunto, rifanno l’asfalto utilizzando mezzi di lavoro enormi, e destreggiandosi tra schiacciasassi e camion ribaltabili, o tappano buche gettando un po’ di catrame con una pala nell’apertura della strada. Lo fanno intanto che ogni sorta di mezzo con due o più ruote gli sfreccia vicino, a volte rischiando la vita stessa e magari di notte, alla luce di fari potentissimi necessari alla loro salvaguardia oltre che permettere una buona visibilità.
E’ un lavoro, come ce ne sono tanti, di quelli di cui non ti accorgi quanto sia importante, perché è metodico, quotidiano, continuo, visibile ma facente parte della vita di tutti i giorni, quindi molto meno di quel che dovrebbe. Un mestiere duro quanto non riconosciuto, anche economicamente, che poche persone vogliono fare, appunto per il motivo appena citato. Eppure, come quello del camionista, è fondamentale per la vita del Paese. Tra l’altro fare il camionista sarebbe sostanzialmente impossibile senza il primo.
Un buon aneddoto da raccontare è probabilmente questo: negli anni 80 del secolo scorso, ma forse non solo, l’operaio delle strade era uso chiamarlo “L’omino dell’Anas”. L’Anas è l’ente pubblico che appunto cura la manutenzione stradale, ma il termine “omino” non va assolutamente inteso in senso dispregiativo. Lo si chiamava così perché è quel lavoratore che si vede dall’auto, in lontananza intanto che ci si avvicina e che quindi a causa della prospettiva si vede sempre più piccolo, fisicamente parlando, di quel che effettivamente è. Osservarlo a grandezza naturale è un attimo, sfuggente, intanto che l’auto passa a velocità imprecisata di fianco a lui mentre sta lavorando per la collettività.
Il consiglio, quando si vede il cartello “Uomini in strada” (solitamente in autostrada o sulle tangenziali) è sempre quello di rallentare e pensare che poco più avanti c’è qualcuno impegnato a fare qualcosa utile a tutti e può essere sulla stessa corsia di marcia. Può inoltre non accorgersi dell’auto che sta arrivando, quindi sta al guidatore essere prudente, attento, in una parola, rispettoso.
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