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Jobs Act: cosa dice l’ultimo emendamento alla riforma del lavoro

Jobs Act, ecco come (forse) cambierà il mercato del lavoro italiano.

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Già lungamente contestato (ma l’impressione è che il bello debba ancora arrivare),  Il Jobs Act, ovvero la riforma del mercato del lavoro promette di revisionare radicalmente l’apparato dei modelli di contratto attualmente in essere in Italia e, soprattutto, l’abolizione dell’articolo 18 nella forma oggi conosciuta, cioè il diritto al reintegro nel posto di lavoro per i licenziati senza giusta causa. Cerchiamo di vederci più chiaro, comprendendo quali siano i principali componenti di questa riforma, e cosa potrebbe cambiare per tutti coloro i quali rivestono il ruolo di lavoratore dipendente.

Jobs Act e Semplificazione

Il primo “comandamento” della riforma del lavoro voluta dal governo Renzi è quello della “semplificazione” a tutti i costi. Di qui la volontà di suddividere la platea di tutti i lavoratori in soli due grandi rami: quello dei lavoratori autonomi, e quello dei lavoratori dipendenti. A sua volta, il ramo dei lavoratori dipendenti si scinde in altre due grandi categorie: i lavoratori a tempo determinato, e i lavoratori a tempo indeterminato a tutele crescenti, con una prevalenza (prevista) del secondo, grazie a una serie di sconti e incentivi previsti dalla legge. A proposito di sconti, la riforma in previsione stima che qualora l’azienda dovesse scindere il contratto di lavoro entro il periodo di consolidamento, debba restituire allo Stato (con modalità ancora da stabilirsi) gli incentivi e le agevolazioni di cui ha beneficiato. In questo modo il governo vorrebbe scoraggiare le azioni da parte dei soliti “furbi” che, dopo aver intascato i benefit previsti dalle normative in vigore, compiono azioni in controsenso rispetto ai precedenti auspici.

Jobs Act: tutti uguali (forse)

Con la semplificazione di cui sopra, i lavoratori dipendenti verrebbero dunque resi “omogenei” sotto il profilo delle tutele. Tutti i lavoratori avrebbero quindi le stesse possibilità di accesso a livelli minimi di retribuzione, tutela nella maternità, ferie, ammortizzatori sociali. In ogni caso, il trattamento non sarà realmente omogeneo, visto e considerato che il nucleo originario di lavoratori protetti dall’art. 18 (più o meno, 6,5 milioni di persone nel privato) dovrebbe continuare a godere delle stesse protezioni (peraltro, per un recinto che andrebbe gradualmente a ridursi con il passare degli anni).

Il nodo delle “Tutele crescenti”

Il rischio – più che un rischio, una certezza – è che tuttavia il mito del posto fisso diventi, realmente, un mito o un’utopia. Nelle aziende con più di 15 dipendenti, dove l’articolo 18 fungeva da protezione in caso di provvedimenti di licenziamento, ad oggi esiste ancora la possibilità di ottenere il reintegro in azienda. Nel nuovo sistema post Fornero, invece, il diritto al reintegro rimarrebbe confinato alla sola ipotesi di licenziamento discriminatorio, ovvero l’allontanamento dell’azienda per motivazioni religiose, politiche, sindacali, di razza, e così via. In tutti gli altri casi, il datore di lavoro potrebbe licenziare facilmente il proprio dipendente, pagando un’indennità economica che sarà calcolata in maniera crescente a seconda degli anni di servizio prestati (stando alle prime letture, l’indennità dovrebbe equivalere a uno, due o tre mesi di stipendio, per anno di lavoro.

Stabilito quanto precede, rimane da comprendere quali saranno, effettivamente, le tutele crescenti. Ovvero, cosa accadrà man mano che il contratto “invecchierà” e, soprattutto, quali saranno le tempistiche utili per poter far scattare le nuove tutele. Dalle prime letture emergerebbe la volontà di creare un primo step dopo il primo triennio, nel quale il lavoratore potrebbe licenziare in maniera più libera. Dopo il triennio potrebbe invece tornare l’adozione del “vecchio” articolo 18 (una tesi sostenuta da parte sindacale e da alcuni esponenti del Pd), mentre dal centro destra si spinge verso un superamento assoluto dell’articolo 18, con indennizzi anche dopo il triennio. Sebbene non vi siano certezze in proposito, è possibile che si possa trovare un accordo sulle tempistiche, con tutele ex art. 18 dopo un periodo di tempo più lungo del triennio.

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