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E’ meglio lavorare in gruppo o da soli?

Gli estroversi amano collaborare, gli introversi preferiscono restare da soli. Vestire i panni che ci fanno stare più comodi è importante, ma a volte bisogna spingersi oltre

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Tra chi sostiene che “l’unione fa la forza” e chi è convinto che “chi fa da sé fa per tre” esiste una distanza non da poco. La stessa che intercorre tra chi, in ambito professionale, preferisce lavorare in gruppo e chi in solitaria. Si tratta di una questione annosa, sulla quale gli esperti dibattono da tempo, sforzandosi di valutare ogni aspetto e sfaccettatura possibile. La conclusione? Una risposta ferma non può essere fornita perché, a ben guardare, a fare la differenza è il lavoratore stesso. Che può dare il meglio di sé nell’una o nell’altra situazione. O in entrambe. Cerchiamo di capirci qualcosa di più.

Meglio soli o accompagnati?

lavoro gruppo

Lavorare in gruppo e, in generale, adottare una politica aziendale che favorisca la socializzazione e lo scambio tra i dipendenti è una tendenza che ha preso sempre più piede. Con risultati, talvolta, sorprendenti. Trascorrere buona parte della giornata in un ufficio dove si respira un’aria serena e amichevole e dove il confronto con gli altri consente di migliorare la propria prestazione lavorativa può, infatti, fare la differenza. Come sanno benissimo molti dirigenti che, con crescente convinzione, hanno puntato sulla costruzione di una squadra coesa e collaborativa, capace di arrivare insieme alla meta.

Ma facciamo qualche considerazione in più. Quando si sceglie di investire sul lavoro di gruppo, occorre avere consapevolezza della complessità della situazione. Cosa vogliamo dire? Che quando più persone – ognuno con le proprie caratteristiche – si ritrovano a condividere un progetto può succedere potenzialmente di tutto. Prendiamo il caso delle riunioni, ad esempio: quante risultano efficaci e quante si rivelano delle inutili perdite di tempo? Tutto dipende, ovviamente, da come i partecipanti riescono a interagire tra di loro. E da quanto il loro confronto risulti produttivo.

Il brain storming

Puntare sulla quantità non sempre è la scelta vincente. Si pensi al brain storming, ad esempio: in molti pensano che invitare più persone a dire tutto quello che viene loro in mente, senza filtri o censure alcuni, sia il modo migliore (e il più creativo) per scovare l’idea giusta. Ma è davvero così? L’esperienza dimostra che non lo è sempre. Bisogna partire da un presupposto imprescindibile: non tutte le persone che si ritrovano a lavorare in gruppo hanno le stesse caratteristiche. Anzi: alcuni sono estroversi, non faticano a prendere la parola e non temono il giudizio altrui; altri sono introversi, devono fare i conti con la loro timidezza e tremano all’idea di esporsi.

Per questi ultimi, il brain storming può diventare una vera e propria tortura. Un’esperienza faticosa e stressante che, difficilmente, li metterà nella condizione di collaborare efficacemente col resto della squadra. Di più: come più volte ribadito, la quantità non va sempre a braccetto con la qualità. Invitare le persone a lavorare in gruppo significa sottoporle a un “bombardamento” di proposte che potrebbe generare confusione. E tradursi in una perdita di tempo. Il gruppo garantisce, senz’altro, la circolazione di più idee, ma sono sempre le migliori? E non si trascuri un altro fattore: lavorare in gruppo significa anche condividere umori e stati d’animo. Se il clima è positivo, le cose prenderanno – quasi sicuramente – una buona piega; ma se tra i partecipanti serpeggiano malumori e nervosismi, l’effetto “contagio” potrà compromettere rovinosamente il buon esito della collaborazione.

Isolamento vs lavoro in team

Sembrerebbe, fin qui, l’elogio del lavoro in solitaria, ma non è così. Se è vero, infatti, che lavorare in gruppo non rappresenta la “panacea” di tutti i mali in ufficio, è altrettanto vero che chiudersi in una stanza e isolarsi dagli altri non è, quasi mai, la scelta migliore. Certo, lavorare da soli equivale a disporre di una completa autonomia nella gestione del proprio tempo (nel rispetto, ovviamente, delle scadenze) e mette al riparo dal “rischio” di dover collaborare con colleghi sgraditi. Ma rimanere isolati significa anche fare perno esclusivamente sulle proprie risorse. E precludersi una serie di avvincenti possibilità. Quante volte abbiamo avvertito la sensazione di non essere più in grado di andare avanti. E abbiamo ceduto allo sconforto e temuto di non riuscire a portare a termine il nostro incarico. Una situazione di stallo che, con molta fortuna, potrebbe sbloccarsi da sé, ma che, il più delle volte, necessita dell’intervento degli altri.

Il confronto, lo scambio di idee e l’apertura a nuove modalità possono migliorare notevolmente la nostra prestazione lavorativa. E accompagnarci lungo un sentiero di crescita professionale e fortificazione personale. Di più: lavorare da soli significa anche stare da soli. Trascorrere lunghe ore isolati in una stanza può compromettere la qualità dei rapporti che si intrecciano anche al di fuori dell’ufficio. Chi non divide tempo ed esperienze con gli altri potrebbe, infatti, abituarsi al tal punto alla sua condizione da trasferirla anche nella sfera privata. E chiudersi in una “bolla” difficile da penetrare.

In definitiva, dunque, è meglio lavorare in gruppo o da soli? Dipende. Le persone estroverse preferiscono lavorare in gruppo, quelle introverse in solitaria. Nel rispetto delle reciproche attitudini e delle specifiche inclinazioni, si potrebbe pensare di concedere a ciascuno la possibilità di scegliere la modalità più confacente alle proprie caratteristiche. Mettendoli nella condizione di dare il meglio di sé. Ma attenzione: puntare tutto sulla collaborazione o sull’auto-gestione può essere pericoloso. Ogni lavoratore che aspiri a migliorare e crescere dovrebbe misurarsi, ogni tanto, con quello che gli appartiene meno. Avventurarsi in terreni inesplorati e più cedevoli che lo aiutino a sviluppare nuove abilità e competenze. Vestire i panni che ci fanno stare più comodi è indispensabile, ma l’importanza di mettersi in gioco non può essere trascurata. Nemmeno al lavoro.

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