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Il lavoro over 40 e le porte chiuse

La lettera di un lettore ad un quotidiano bergamasco fa riflettere sulla condizione deI disoccupati over 40 in Italia. In ogni caso, mai arrendersi.

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Scorrere le tristi frasi di una breve lettera pubblicata ieri dall’Eco di Bergamo, noto quotidiano della provincia Lombarda, non può far altro che indurre diverse riflessioni. L’autore della missiva, è un uomo 44enne che ha perso il lavoro da un anno e mezzo. La sua “disperata considerazione” si concentra tutta sull’impossibilità di trovarne un altro alla sua età; le “porte” per lui, sono “ovunque chiuse”. Ma il mercato del lavoro over 40 è davvero così off limits? Cerchiamo di vederci più chiaro.

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Innanzitutto, non è proprio così, non sempre almeno. Ci sono diversi casi di over 40 tornati brillantemente sul posto di lavoro, conquistato dimostrando giorno per giorno un valore magari un po’ forzatamente fuori allenamento ma mai qualitativamente attenuatosi. Ci sono casi (e sono sempre di più) anche di over 50 ai quali è capitata esattamente la stessa cosa, o meglio, che “si sono fatti capitare”, la stessa cosa, raggiungendo l’obiettivo sul campo.

E scendendoci in quel campo, minato e traboccante di assurde difficoltà ed insidie. Tutto questo per dire che, senza lottare non si potrà mai ottenere nulla. Disperarsi è inutile, lottare invece a qualcosa serve sempre, in primis a non perdere la propria autostima. Il primo passo da fare? Consultare ogni giorno le offerte di lavoro pubblicate dai siti specializzati.

Lavoro over 40: non arrendersi mai, la guerra è guerra.

Con questo non si vuol certo sostenere che “Massimo”, firma con la quale si è identificato il lettore dell’Eco (diminutivo locale dell’Eco di Bergamo), non sia un lottatore. Solo lui infatti è cosciente della sua guerra personale di adulto che ha perso il lavoro e non riesce a ritrovarlo. Una guerra che si esplicita all’esterno, nella ricerca di un’occupazione, attività che viaggia di pari passo a quella dell’evitare facili truffe perpetrate da avvoltoi senza scrupoli che speculano sulle difficoltà delle persone. E che ribolle però, forse in modo ancora più grave, anche all’interno, nel cuore di un padre di famiglia che non può, o comunque non come vorrebbe, ogni santo giorno, soddisfare i desideri della propria figlia o del proprio figlio per la mancanza di un’entrata economica dignitosa.

Semplicemente, è necessario ricordare quanto questa lotta, apparentemente infinita e, senza usare mezzi termini, maledetta, sia la condizione necessaria per non abbandonarsi alle difficoltà e “morire dentro”. Chi smette di combattere ha perso, chi continua a lottare, per quanto in enorme svantaggio, può invece sperare di farcela, prima o poi.

Uno sfogo comprensibile

Tanti bei discorsi, tutti veri, ma… se non arrendersi è la prima cosa, va necessariamente tenuto conto, per un’analisi oggettiva, che anche combattere fino all’ultimo respiro potrebbe comunque non servire. E’ questione, un po’, anche di fortuna. Fortuna che va sicuramente aiutata in tutti modi ed alla quale non va certo attribuita ogni colpa possibile(sarebbe un errore madornale, irrimediabile), ma che comunque c’è (o non c’è) ed è indipendente da tutto il resto.

Da questo punto di vista lo sfogo di “Massimo” appare del tutto comprensibile. A lui ed a tutti quelli come lui, istituzioni nazionali e locali dovrebbero attivamente interessarsi tutti i giorni, Natale e Pasqua compresi. Soprattutto a livello locale, questo a volte avviene, magari non proprio quotidianamente, ma un buon grado di attenzione è spesso presente nelle politiche del lavoro. Purtroppo però, ancora non basta.

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