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Le leggi a tutela delle madri lavoratrici

Che cosa prevedono le leggi italiane di tutela delle madri lavoratrici, e quale è stata la loro evoluzione nel corso dei decenni.

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La tutela delle madri lavoratrici è oggi garantita dal nostro ordinamento da una serie di leggi in favore delle donne che lavorano e hanno avuto (o stanno per avere) un figlio, e trae principale origine dalla necessità di assicurare concretezza alle norme costituzionali in tema di eguaglianza e di tutela della salute, e a quelle gerarchicamente subordinate. Cerchiamo allora di compiere un breve riassunto di tutte le principali fonti normative relative alla tutela delle madri lavoratrici, soffermandoci sulle tappe più importanti di un’evoluzione che, riteniamo, possa ancora condurre a positivi sviluppi.

Costituzione

madri lavoratriciCominciamo dalla norma contenuta nell’art. 37 comma 1 della Costituzione, che ha ispirato la tutela che alla donna siano garantite le condizioni di lavoro necessarie all’adempimento della sua essenziale funzione familiare e alla protezione della maternità. Da questa ispirazione, sono poi discese una lunga serie di azioni normative di tutela “differenziata”, che possano assicurare il raggiungimento di tali obiettivi, nell’ambito di una normativa antidiscriminatoria che possa proteggere e valorizzare la figura della lavoratrice madre. La più nota delle forme di intervento di tutela della lavoratrici madri è stata l’emanazione della Legge 1204/1971, integrata successivamente dalla Legge n. 903 del 1977 e dalla Legge 53/2000.

Testo Unico sul sostegno della maternità

Le norme introdotte negli anni ’70 a tutela delle lavoratrici madri, sono state in buona parte riformate, in ottica paritaria, all’interno del d.lgs. 151/2001, poi modificato dal d.lgs. 115/2003. Più recente è stato poi l’intervento con la legge 92/2012 di riforma del mercato del lavoro, che si è occupata della tutela applicabile in caso di licenziamento comminato in violazione delle norme di protezione della maternità, e ha introdotto nuovi strumenti di sostegno alla genitorialità.

Per quanto concerne la tutela in caso di licenziamento comminato in violazione delle norme di protezione della maternità, tale aspetto è sostanzialmente disciplinato dal nuovo testo dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, stabilendo che una simile forma di licenziamento debba essere dichiarato nullo dal giudice, che ne disporrà la tutela reintegratoria piena. Oltre al reintegro nel proprio posto di lavoro, la lavoratrice potrà ottenere anche il risarcimento del danno per il periodo successivo al licenziamento e fino all’effettiva reintegra, ottenere il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali per tutto il periodo dal giorno del licenziamento a quello della reintegra e esercitare il diritto di opzione, ovvero poter scegliere fra la reintegra e l’indennità sostitutiva pari a quindici mensilità della retribuzione globale di fatto.

Per quanto invece attiene i nuovi strumenti di sostegno alla genitorialità, la riforma ha previsto – tra i vari – un peculiare regime per il congedo di paternità e, per la madre lavoratrice, la possibilità di poter sostituire il periodo di astensione facoltativa con un voucher che permetta alla madre di far fronte alle spese per l’accudimento della prole.

Il Jobs Act e le modifiche dell’ultimo biennio

A quanto sopra occorre altresì aggiungere le innovazioni degli ultimi due anni, e in particolar modo con il d.lgs. 23/2015, con il quale è stato introdotto un nuovo regime di tutela contro i licenziamenti illegittimi. Con il d.lgs 80/2015 si introducono invece alcune novità sul fronte dei congedi parentali, stabilendo che, ad esempio, si estende ai primi 12 anni di vita del bambino il periodo nel quale i genitori possono astenersi dal lavoro, si estendono ai primi 6 anni di vita del bambino il periodo nel quale i genitori, allorché si astengono dal lavoro fruendo del congedo parentale, hanno diritto all’indennità pari al 30% della retribuzione, e si riduce a 5 giorni il termine entro il quale il lavoratore deve preavvisare il datore di lavoro della volontà di fruire del congedo.

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