Questa frase capeggiava le testate giornalistiche poco dopo la fine della seconda ondata pandemica negli USA. Come ogni fenomeno che si rispetti, da qualche settimana la tendenza è arrivata anche in Italia. Cosa sta succedendo? Sta cambiando il mercato del lavoro?
Indice
Il cambiamento nel mercato del lavoro
La risposta è sì, il mercato del lavoro ha subito una scossa non indifferente, chiaramente con un focus maggiore verso i profili con alta specializzazione che già precovid erano richiesti sul mercato. Il fenomeno in oggetto riguarda maggiormente due generazioni, la fascia post millenials e generazione Z. Le fasce di età fuori dalla generazione in questione, hanno maturato la vecchia concezione del lavoro, dove era fondamentale produrre per portare la retribuzione a fine mese a casa, cosa che oggi non basta per far sì che le persone restino in quella determinata azienda in cui sono inseriti.
Quando si parla di retribuzione si fa riferimento alle policy di remunerazione, la quale si compone di eventuali budget extra che premiano il dipendente per la produttività e gli obiettivi portati a termine. Il contributo in questione cerca di rispondere alla diatriba di cui oggi molti di noi sono investiti, ossia policy remuneration o work life balance, retribuzione o fiducia, libertà, organizzazione tra vita privata e lavorativa? Il benessere mentale interviene nel dare una risposta, inserendosi come protagonista. Se per alcuni datori il benessere si snocciola nel concetto di danaro, per le risorse umane inserite in azienda rappresenta la famiglia di sentimenti ed emozioni positive, per cui si è felici di lavorare per una determinata company. Chi passa il turno?
Dalla concezione meramente produttiva ad una prospettiva umanistica
Distanziamento e mascherine hanno caratterizzato anche il mondo del lavoro nell’ultimo anno e mezzo, passando da un’ottica in cui tutto ruotava attorno alle politiche remunerative ad una prospettiva in cui molte variabili oggettive sono state messe in discussione. Stiamo assistendo ad una rivoluzione copernicana, in cui le organizzazioni si danno battaglia sul cambiamento che è in atto, figlia di resistenze che caratterizzano le organizzazioni a causa della struttura dei ruoli e della rete di relazioni tra i suoi membri.
Il cambiamento si ripete ciclicamente nelle nostre vite, mentre in molte strutture organizzative viene visto con stupore, perché limitanti verso l’innovazione ma fermi sull’inerzia. Siamo passati da una concezione produttiva dove la sola permanenza in ufficio, era d’obbligo ad una concezione in cui basta una connessione ed un PC per produrre ma non la sede fisica. Modificandosi il modello cambiano anche le competenze, fino a pochi anni fa l’intelligenza emotiva, la gestione del proprio lavoro passavano in secondo piano, oggi la sensibilità, l’ascolto, l’attenzione al benessere psicofisico, l’empatia sono essenziali, soft skills che fanno la differenza tra le risorse umane.
Retribuzione o benessere psicofisico? La sfida è aperta, tra le generazioni millennials e Z
Le aspettative legati alle variabili su cui puntiamo dipendono dalle caratteristiche di personalità che albergano in ognuno di noi. Basta riflettere su quali valori desideriamo ritrovare nell’azienda, dove passiamo la maggior parte del nostro tempo personale, il lavoro è molto da fare, se sappiamo auto analizzarci in maniera sincera, la risposta verrà da sé.
Policy remuneration o work life balance?
Danaro, stabilità economica oppure migliore qualità della vita? Tra tutti e tre vince sicuramente il work life balance perché permette di ottenere una qualità di vita migliore, e la persona riesce sia a raggiungere gli obiettivi professionali che personali. La risposta in realtà non è scontata per tutti. Se per le generazioni Z e post millenials la richiesta di maggiore flessibilità cresce, le generazioni che hanno vissuto gli anni ’70 e ’80 sono improntate sulla stabilità economica. Finita questa partita, inizia il prossimo match ossia le politiche di talent acquisition ed employer branding, per evitare che l’emergenza di penuria di profili non aumenti in alcuni settori di nicchia, di cui le conseguenze alcune realtà le stanno già vivendo.
Il mindset va mutato in toto sia per le aziende che per i lavoratori, d’altronde difficilmente si tornerà al periodo precovid con concezioni lavorative ormai arcaiche.
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