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Come rispondere alle “domande killer” durante un colloquio di lavoro

In questo articolo analizzeremo le domande killer più ricorrenti in un colloquio e a cui non bisognerebbe mai farsi trovare impreparati

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Spesso il colloquio di lavoro viene considerato come una sfida che spaventa i candidati: si ha paura di non essere all’altezza e di non essere in grado di rispondere in maniera soddisfacente alle domande che ci vengono poste. In realtà, nessuna domanda è impossibile. Se si hanno le giuste caratteristiche e competenze e si è molto motivati, quello che occorre in più è una giusta dose di autosicurezza e un’opportuna preparazione.

Colloquio di lavoro: Come rispondere alle “domande killer”

Lo scopo dei recruiter è testare il senso critico, la capacità di analisi, la motivazione e il desiderio di crescita professionale dei candidati, nonché la loro capacità di gestire i conflitti e la capacità di problem solving. Di seguito analizzeremo le domande killer più ricorrenti in un colloquio di lavoro a cui non bisognerebbe mai farsi trovare impreparati, cercando di rispondere in maniera chiara e concisa, perché dalle risposte potrebbe dipendere il buon esito del colloquio.

domande killer colloquio

Come argomentare i propri punti di debolezza durante un colloquio

Una delle domande maggiormente temute dai candidati è quella relativa ai punti di debolezza. Una domanda apparentemente banale ma che potrebbe trarre in inganno mettendo in discussione l’intera intervista di lavoro. Capiamo innanzitutto perché è una domanda ricorrente durante un colloquio di lavoro e qual è la risposta migliore da dare per incuriosire l’interlocutore e contraddistinguersi tra la miriade di candidati.

Questa domanda viene posta principalmente per permettere al candidato di riconoscere i propri limiti e quindi mettere in luce tutta la sua maturità professionale, l’auto percezione di sé e la sua voglia di migliorarsi. Ciò che veramente valuta un recruiter è come si reagisce ai difetti elencati, come si gestiscono eventuali situazioni di difficoltà (capacità di problem solving) e la modalità con cui si formula la risposta.

Di conseguenza è importante concentrarsi non solo sul contenuto, ma anche sulla modalità espressiva con cui il contenuto viene comunicato. Dalla risposta, infatti, i recruiter valutano i tratti della personalità del candidato, come reagirebbero alle difficoltà e il grado di consapevolezza delle proprie capacità e della posizione per cui si candidano.

La domanda sui punti deboli rappresenta dunque un trabocchetto spesso utilizzato per smascherare anche i candidati più preparati. È importante sapere che il selezionatore che pone la domanda non è interessato a sapere i difetti del candidato ma semplicemente vuole sapere le sue aree di miglioramento da un punto di vista professionale. Nella risposta è importante non divagare o peggio ancora mostrare incertezza. In questa circostanza viene valutata positivamente la prontezza e la capacità di districarsi dalle difficoltà. Attenzione però a non cadere nell’errore opposto, e cioè rispondere dicendo di non avere difetti. Questo è indice di scarsa conoscenza di sé e dell’incapacità di mettersi in discussione.

È fondamentale preparare la risposta a casa, ma ancora di più è importante fare spesso autocritica per riflettere sui propri punti di forza e aree di miglioramento e scegliere tre qualità o difetti da cui partire per la propria analisi. Partire da esperienze passate è sempre la strategia migliore; è importante calare punti di forza e aree di miglioramento nella realtà lavorativa con esempi e riferimenti a situazioni vissute realmente. Nel racconto dei fatti è bene essere sinceri, ma al contempo avere anche una giusta dose di malizia; bisogna essere abili a utilizzare le proprie debolezze in pregi per non trasformare le nostre parole in un boomerang.

Una volta individuati i punti deboli da cui si vuol partire è bene curare anche la modalità con cui vengono esposti durante il colloquio. Non è importante solo elencare i propri difetti ma l’abilità sta nel raccontare quali tecniche si stanno utilizzando per neutralizzarli o almeno mitigarli. Al recruiter interessa che si è in grado di riconoscere i propri lati negativi ma che al tempo stesso si è disposti a impegnarsi per risolverli. Il segreto è dimostrare che si sta lavorando per trasformare le proprie debolezze in punti di forza mettendo in luce tutto quello che si è fatto in passato o che si sta facendo per migliorarsi ogni giorno.

Come parlare di sé focalizzandosi sulle skills ricercate dall’azienda

La domanda “mi parli di lei e delle sue esperienza lavorative” con cui iniziano la maggior parte dei colloqui dà al candidato la massima liberà di raccontarsi ma, al tempo stesso, permette al recruiter di analizzare la capacità di sintesi del candidato nel mettere in risalto le skills significative per la posizione lavorativa per cui si è candidato.

Dietro ad una domanda apparentemente semplice e banale quello che si vuole sapere è: il candidato ha le competenze giuste per ricoprire il ruolo per cui ha applicato ed è consapevole delle proprie abilità e sa elencarle con sicurezza? È importante quindi rispondere  evitando di fornire informazioni inutili ai fini della selezione. Per eccellere nella risposta la strategia migliore è quella di mettere in luce gli obiettivi raggiunti a livello professionale e le soft skills acquisite durante il percorso lavorativo.

Come spiegare il perché ci si candida proprio per quell’azienda

Quando si pone questa domanda, apparentemente inutile, quello che si vuole sapere è: perché scegliere proprio voi rispetto ad un altro candidato; quale sarebbe il vostro valore aggiunto e perché l’azienda dovrebbe puntare su di voi rispetto ad un altro candidato?

Per non farsi trovare impreparati è opportuno fare un attento studio dell’azienda. Conoscere l’attività nel dettaglio, è indispensabile per sostenere un ottimo colloquio di lavoro. A riguardo è utile una lettura attenta del sito web aziendale e dei canali social, se presenti, per avere un quadro chiaro e prepararsi una risposta che esprima motivazione ed entusiasmo di poter lavorare con quella realtà (portando anche come esempio qualche iniziativa che apprezziamo che l’azienda ha messo in campo).

Queste sono solo alcune delle più importanti domande killer da conoscere prima di affrontare un colloquio. Non esistono risposte giuste o sbagliate in assoluto, ciò che conta è la capacità di calarsi in ogni contesto, con onestà, preparazione e trasparenza, trasmettendo al recruiter un senso di sicurezza, fiducia e responsabilità.

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