Stress da lavoro: Oms riconosce come sindrome il burnout

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il burnout (esaurimento o forte stress da lavoro) come una sindrome e non più come una malattia. Si tratta di una condizione di malessere fisico e psichico direttamente connessa al lavoro.

Dormire bene è il segreto del buon lavoratore

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Ognuno di noi ha il proprio orologio biologico che scandisce ritmi diversi. Ecco perché riposare 6 ore a notte può essere sufficiente per qualcuno ma non per altri, che non riescono ad aprire gli occhi se non hanno trascorso almeno 8/9 ore tra le braccia di Morfeo. Dormire bene non è una questione di secondaria importanza, soprattutto per chi lavora. Un buon sonno può, infatti, fare la differenza fuori e dentro l’ufficio. A interessarsi della faccenda è stato lo studioso americano Cristopher Barnes, che ha suggerito a leader e dirigenti di azienda di occuparsi maggiormente della qualità del sonno dei loro dipendenti. E di non liquidare come indolenti dormiglioni coloro che fanno fatica a timbrare il cartellino alle 9 esatte.

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image by Antonio Guillem

“Il sonno non è importante solo per i benefici che produce alle aziende e agli individui – ha spiegato Barnes, che è professore alla Foster School of Business dell’Università di Washington – ma perché riduce la probabilità che si verifichino eventi negativi sul posto di lavoro. Le persone ben riposate – ha osservato il ricercatore – hanno una migliore qualità di lavoro perché il loro umore è migliore, sono più concentrate, hanno performance migliori dal punto di vista mentale, sono meno stressate e affaticate. Il sonno inoltre riduce il deterioramento della memoria, gli infortuni sul lavoro e persino i comportamenti non etici”. Detto in parole povere: se dormiamo e ci svegliamo bene, il nostro umore ne risente positivamente e, una volta arrivati in ufficio o in azienda, ci mostriamo più collaborativi nei confronti di tutti (colleghi, capi e clienti) e più produttivi perché svolgiamo meglio le mansioni che ci sono state assegnate. Non solo: dormire bene assicura, di solito, anche un certo benessere mentale che allontana i “cattivi pensieri” che possono indurci ad agire scorrettamente.

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Lavorare coi malati di Alzheimer: l’infermiera caposala, una figura di grande responsabilità

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L’infermiera caposala è quella figura professionale che, subito dopo il medico, coordina e dirige il reparto di degenza. Quello in cui vengono ospitati i malati di Alzheimer è chiaramente tra i più strutturati e complessi. Dietro a quello gestito dal Ferb a Gazzaniga (BG) c’è Cosetta Sangiovanni che “ama” questo lavoro, ci si dedica anima e corpo e lo racconta, con dovizia di particolari, come se fosse la migliore professione del mondo. Probabilmente, per lei, è proprio così. L’excursus parte dall’immancabile formazione, per arrivare alla spiegazione di come vengono gestiti i problemi relativi ai compiti diretti, assegnati o svolti in prima persona nel lavorare coi malati di Alzheimer, compresi quelli burocratico-amministrativi. Enormi sforzi a fronte di piccole (ma “grandi”) soddisfazioni sono il pane quotidiano di persone come la Sangiovanni, perché: “la loro serenità è sicuramente il nostro obiettivo principale”.

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Avete una formazione particolare?

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